Libri: Lankelot e Econote.it

E’ stato “amore a prima vista”. Con chi? Con Lankelot (Lankelot.eu): “un portale indipendente di arti e scienze che viene aggiornato liberamente e direttamente dagli utenti: scrittori, musicisti, cinematografari, professionisti dell’editoria, grafici, copy, traduttori, accademici, insegnanti, liberi professionisti, librai, studenti universitari e comuni cittadini. Un luogo per  restituire spazio e dignità alla libertà d’espressione, un luogo democratico”.

E da Lankelot questa settimana prenderemo le recensioni sui libri che riguardano il mondo dell’ecologia e della sostenibilità. Un modo per farvi conoscere questo spazio così affascinante – Lankelot.eu – e lanciare la rubrica tenuta da Antonio Benforte: tutti i lunedì vi proporremo un libro sui temi dell’ambiente e dell’ecologia.

Perchè la salvezza sta nella cultura.


Per segnalare un libro compilate pure il modulo di contatto di Econote.it. Iniziamo da Davide Enia, “Mio padre non ha mai avuto un cane”, Duepunti, Palermo, 2010. La recensione è di Gianfranco Franchi.

La casa editrice più elegante e intelligente della piccola editoria italiana, quella che pubblica da anni libri degni degli scaffali di Battiato e Sgalambro, ha deciso di stupirci ancora. La Duepunti di Palermo ha lanciato, nell’autunno 2010, una nuova collana di narrativa italiana. Sin qua, si potrebbe obbiettare: e allora, quid novi? Ecce novitas: si chiama “Zoo-Scritture Animali” ed è nata, secondo uno dei direttori di collana, l’isolano Giorgio Vasta, già editor Einaudi e Bur, per “costruire una specie di bestiario, una cartografia ‘animale’ della narrativa italiana contemporanea” (fonte: WUZ). Vasta, classe 1970, fresco d’esordio narrativo con “Il tempo materiale” (Minimum Fax), ha raccontato a Sandra Bardotti che la collana si chiama così “da un lato, perché la circostanza nella quale è nato il progetto riguardava un racconto ‘animale’; dall’altro perché in effetti gli animali sono a volte, nelle narrazioni, sintesi e veicolo di qualcosa che riguarda direttamente l’umano. Nel raccontare gli animali – dalla balena bianca di Melville al cane Bendicò di Tomasi di Lampedusa – c’è spesso la nostalgia di una selvatichezza indispensabile e perduta. Molti scrittori, nelle pagine che hanno dedicato alla messinscena degli animali, hanno saputo sprigionare una visionarietà straordinaria. Far esistere narrativamente un animale, quindi, può essere un modo per osservare l’umano, una feritoia attraverso la quale spiarci”.

E uno, a questo punto, potrebbe obbiettare: ma allora i Duepunti hanno deciso di speculare sull’ecologia o sull’animalismo d’accatto, trasformandosi in curiose creature radical chic, modaiole ma con la giusta patina alternativa. Terribile. Stucchevole. Ma c’è poco da fare, i nostri amici Carbone, Speziale e Schifani sono campioni di coerenza e non hanno nessun interesse per le mode, figuriamoci per le mode alternative. Sono intellettuali veri.   Prendete in mano una qualunque delle prime tre uscite della collana, ad esempio il libretto di Giorgi o questo dell’ottimo Davide Enia (“Mio padre non ha mai avuto un cane”). Cosa scoprirete? Sì, va bene, il formato è più palmare che tascabile. Carino. Sì, gli interni sono molto ben impaginati, c’è parecchio spazio per prendere appunti, more umanista. Non basta. Andiamo nel colophon. Aggrottare le ciglia. Concentrarsi.   Leggiamo. “Questo libro è stato stampato nel rispetto della natura con inchiostri ecologici Colorgraph Eureka a base di oli vegetali e materie prime naturali rinnovabili su carta 100% riciclata Fedrigoni Freelife Cento certificata da Forest Stewarship Council (FSC Mixed Sources) e da Ecolabel”.
Fermi. Interiorizzato? No? Tornare indietro. Memorizzare. Inchiostri ecologici a base di oli vegetali e materie prime naturali rinnovabili su carta 100% riciclata. Compreso il significato? Fatto subito i debiti paragoni con il resto dell’editoria, in primis – naturalmente – con i tanti marchi dei quattro grandi gruppi egemoni? Bene. Non è finita. Torniamo nel colophon. Concentrarsi.
Leggiamo. “La copertina è stata stampata su Ecomaximus Elephant Dung Paper (Premio World Challenge 2006), carta 100% riciclata e fatta a mano da escrementi di elefante, che contribuisce a finanziare il progetto della Millennium Elephant Foundation – World Society for Protection of Animals (WSPA) per la tutela degli elefanti dello Sri Lanka”.   Momento. Sì. Sì, sì. Avete letto bene. La copertina è stampata su carta riciclata fatta a mano con merda d’elefante. La merda d’elefante può servire anche a questo. No, non è rimasto nessuno strano retrogusto. Giuro. E comprare quella carta finanzia un progetto che tutela gli elefanti dello Sri Lanka. E quella carta è stata comprata direttamente, senza mediatori (cfr. intervista al redivivo e minimal ma sempre pretenzioso “Stilos”). Che significa? Schifani, uno dei tre duepunti, spiega con semplicità: è “la forma più immediata del commercio equo”. E se uno non ha idea di cosa sia il commercio equo, allora… allora dovrebbe sapere, in sintesi, che il commercio equo bada sia al profitto che alla lotta allo sfruttamento nei paesi in via di sviluppo. Qualche notizia, qui.
Ecco, ho raccontato un sacco di cose. Adesso questa collana “Zoo-Scritture Animali” ha assunto sfumature e significati ben diversi. L’idea su cui si poggia è un’idea interessante, non particolarmente rivoluzionaria ma insomma – è un’idea. È l’operazione in toto che è straordinariamente interessante. È questa idea di abbracciare l’impegno a 180°, mostrando concretamente a tutti (editori, autori, lettori, addetti ai lavori) cosa si può fare per rispettare il pianeta, rispettare le future generazioni, glissare sulle marchette ai partiti e ai movimenti di vario genere e portare a casa un risultato, che ci piace. E il risultato che portiamo a casa sono i primi tre libri della collana “Zoo-Scritture Animali”. Una collana che mostra d’essere avanguardia assoluta dal punto di vista della sensibilità etica ed estetica, e della coerenza. Coerenza. Punto e basta. Questa parola qui, “coerenza”, a me piace da morire e so che questo Paese ne ha un gran bisogno. Punto.

“Mio padre non ha mai avuto un cane” è un appassionato esercizio di stile, intriso d’una profonda coscienza civile e di grande umanità. Siamo dalle parti d’un buon canovaccio per un cortometraggio, non ci piove. Buono e giusto che il racconto sia così profondamente didascalico. La materia trattata pretende memoria rispetto rabbia. Memoria, su tutto.

L’articolo su Lankelot.