Ecomafie 2013, il rapporto di Edizioni Ambiente

Come ogni anno, leggere il rapporto Ecomafia 2013 di Legambiente pubblicato da Edizioni Ambiente è come prendere un cazzotto dritto in faccia. Sono numeri che fanno male. Sono solo numeri e dati stampati su carta, ma non sono certo innocui. Fanno male perché ci mettono di fronte una realtà che molti non conoscono, che alcuni intuiscono, ma che solo pochi comprendono in tutta la sua gravità: “Le storie e i numeri della criminalità ambientale nel nostro paese”. (leggi l’articolo sul rapporto Ecomafie 2012)

Nello scorrere le 400 e passa pagine di dettagliato rapporto apprendiamo rapidamente alcune cifre impressionanti. Giusto per farvi un’idea: “È la Campania a guidare anche quest’anno la classifica dell’illegalità ambientale in Italia con 4777 infrazioni accertate”, oppure “Oltre 34.000 reati e più di 28.000 persone denunciate.”

Si tratta quindi di numeri pazzeschi, inutile girarci intorno. La frase in esergo con cui si apre il libro sembra allora ancora più forte e necessaria, sia perché pronunciata da Ken Saro Wiwa, sia per il messaggio che contiene: “L’ambiente è il primo diritto dell’uomo, senza un ambiente sano l’uomo non puó esistere ed esigere altri diritti.”

Quello che emerge senza alcun dubbio da questo rapporto è che quello delle ecomafie è l’unico settore a non subire la crisi. Non solo quindi la condizione del nostro paese non influisce negativamente al giro d’affari, ma addirittura in molti settori sono proprio le ecomafie a rappresentare un fattore di aggravamento della crisi. Le mafie governano in questo modo le nostre vite rovinando le nostre terre, e paradossalmente “Si può andare al supermercato e vedersi costretti ad acquistare un prodotto carissimo perché così hanno scelto le mafie”.

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Purtroppo il Sud primeggia nelle illegalità accertate, con la Campania in testa alla classifica. Unica piccola soddisfazione il fatto che le infrazioni quest’anno sono in netta flessione, più del 10% in meno. Calabria, Puglia, Sicilia, altre regioni tra i primi posti, mentre la prima del nord è la Liguria, per numero di infrazioni accertate. Le classifiche però lasciano il tempo che trovano, se constatiamo che nessuna regione è esente da reati, e addirittura in Valle d’Aosta ce ne sono stati 45. Nessuna regione è esclusa. (qui un’infografica del Corriere.it, qui l’approfondimento sul sito di Legambiente)

Infrazioni nel ciclo del cemento, nel ciclo dei rifiuti, animali e fauna selvatica, incendi dolosi, chi più ne ha più ne metta. Stringe il cuore vedere la Campania sempre ai primi posti, ma questa non è una novità. Da tempo la nostra terra è diventata una “Campania infelix”. 

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Come sottolinea Toni Mira nel volume, “Danno ambientale uguale danno erariale. Cioè danno alle casse dello stato e, dunque, a tutti noi, al nostro portafoglio”. Putroppo però non è facile con un colpo di bacchetta magica interrompere la fitta trama di mazzette, abusi, la cosiddetta “area grigia” in cui la maggior parte di questi orrori al nostro ambiente viene effettuata. “Com’è noto, infatti, la Corte dei conti stima in 60 miliardi di euro l’anno il prezzo che l’Italia paga ai fenomeni corruttivi, 1.000 euro per ogni cittadino, neonati compresi. Ma ancora più grave e difficilmente calcolabile è il danno che subisce più in generale la no- stra economia, per gli effetti distorsivi sul mercato di queste attività illegali e la perdita, secca, di investimenti internazionali in un paese che, secondo la classifica sulla corruzione stilata da Transparency, nel 2012 è scivolato dal 69 al 72 posto (peggio di noi in Europa si collocano solo Bulgaria e Grecia)”, come riportato nel volume.

Prendere atto di questo fenomeno significa dolorosamente entrare in un tunnel che non sembra avere via d’uscita. Ma credo che chiunque abbia a cuore l’ambiente e la terra in cui è nato e cresciuto debba conoscere questi dati, queste cifre, l’enorme e prepotente dimensione del fenomeno, che lascia quasi senza fiato.