Senza pannolino: “Elimination Communication”, un approccio ecologico e naturale

Alcune settimane fa avevamo parlato di riciclo dei pannolini e avevo anticipato che avrei affrontato la questione dell’“elimination communication”, la comunicazione dell’evacuazione: il genitore o chi accudisce il bambino risponde alle sue necessità fisiologiche di fare cacca e pipì evitando di usare i pannolini.

 Ho conosciuto l’EC leggendo un articolo di Francesca Gasparini, pubblicato sulla rivista “Uppa – Un pediatra per amico”.

Francesca abita in provincia di Bologna ed è una delle maggiori esperte in Italia di EC. Come evidenziato nel suo articolo, Francesca definisce l’EC una comunicazione e non una pratica.

L’EC può sembrare un “metodo” coercitivo per insegnare ai neonati a fare la cacca e la pipì nel vasino. L’EC è, invece, il modo con chi accudisce il neonato risponde alle sue necessità fisiologiche. È, appunto, comunicazione. Quando si comincia a fare EC si scopre che i neonati sembrano avere consapevolezza delle proprie necessità fisiologiche: sentono quando la loro vescica è piena e, proprio perché è piena, la svuotano. Come sanno quando hanno fame o quando hanno sonno o quando hanno freddo, così sanno quando devono fare la pipì e la cacca.

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La teoria sembra sempre facile, ma poi di fronte alla pratica i genitori vanno in crisi. Ecco perché ho deciso di contattare Francesca per esporle i miei dubbi e, lo ammetto, il mio scetticismo.

Secondo te in un periodo pieno di stress per la mamma come i primi mesi di vita del figlio, non credi che questa metodologia rischi di aggiungere altro stress o frustrazione a chi ha paura di non capire le esigenze del bimbo?

Sicuramente quando si è al primo figlio si è molto ingessati e preoccupati di troppe cose. Tendiamo a drammatizzare, abbiamo paura di sbagliare e ci sentiamo inadeguati. Fare EC dunque potrebbe aggiungere un ulteriore carico di fatica e di tensione: anche perché se la mamma è stressata e stanca sicuramente con maggiore difficoltà riuscirà ad essere in sintonia con il bimbo a comprenderne i segnali. Il problema grosso è che bisognerebbe cambiare la prospettiva: le persone che stanno intorno alla mamma dovrebbero aiutare e sostenere la mamma accollandosi tutti i lavori di casa e le incombenze quotidiane nei primissimi mesi in modo che lei possa dedicarsi esclusivamente a sé e al bimbo. In questo modo la mamma sarà molto più riposata, meno stressata e potrà dedicarsi a tutte le attività piacevoli con il suo piccolo, compreso l’EC.

Io alla mia prima esperienza genitoriale ho provato i pannolini lavabili fin dai primi giorni di vita di mio figlio con qualche  difficoltà a gestire le frequenti evacuazioni e il lavaggio. Ma l’EC mi sembra molto più complicato.

Sono due cose diverse. I pannolini lavabili richiedono una mole di lavoro che è affrontabile, ma bisogna essere motivati. L‘EC è un piacere puro che non comporta nessun lavoro aggiuntivo. Per evitare di avere letti o pantaloni bagnati basta usare delle traversine impermeabili riutilizzabili e fargli indossare delle mutandine per EC o dei pannolini-mutandina di quelli che si possono tirare facilmente su e giù, ce ne sono anche lavabili. Si propone la pipì e la cacca su una ciotolina ogni volta che se ne ha l’occasione, sicuramente dopo ogni risveglio, o ogni volta che ci sembra di recepire un segnale. Una grande facilitazione nell’EC dei primi mesi è tenere molto il bimbo addosso nella fascia. E’ molto difficile che se il bimbo è tranquillo in fascia o dorme faccia la pipì e quando si sveglia basta proporre l’evacuazione e generalmente il risultato è sempre positivo.

Per riuscire ad entrare in una sintonia così stretta mamma e bimbo dovrebbero sempre stare insieme. Come fanno le donne che devono rientrare a lavoro o che magari hanno anche altri figli da accudire?

Un mamma che ha altri figli avrà sicuramente molte meno difficoltà a fare EC perché ha molta più esperienza, è molto meno impacciata, sa già quali sono le cose importanti di cui preoccuparsi. Io ho fatto l’EC integrale fin dai primi giorni di vita di Anita, la mia terza figlia e gli altri due bimbi avevano 5 e 3 anni e stavano all’asilo solo fino alle 13. E per me è stata una gioia assoluta farlo e non mi è costato un sacrificio maggiore. Altro discorso se uno lavora. Se il bimbo è molto piccolo e va al nido sicuramente non si può chiedere alle maestre di fargli fare EC. Lo faremo noi nei modi possibili quando il bimbo è a casa.

Ma non c’è contraddizione? Non si genera confusione nel bambino?

No. I bambini sanno associare bene contesti, situazioni e comportamenti. La stessa cosa vale se il bimbo è affidato ad una baby sitter o ad una nonna che non sono disponibili a provare l’EC. Però il tentativo di spiegare di cosa si tratta e della sua importanza io lo farei, magari fornendo loro tante mutandine impermeabili in modo che per loro l’EC consista solo nel proporre di tanto in tanto al bimbo di stare sulla ciotolina o sul vasino o insieme all’adulto che gli fa da riduttore sul water, senza il rischio di dover raccogliere pipì in giro.

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Cari lettori cosa ne pensate? Francesca ha sicuramente scardinato alcuni dei miei pregiudizi e se diventerò di nuovo mamma, penso che proverò a cimentarmi con questo tipo di comunicazione che per me riesce a coniugare sostenibilità ambientale (riduce il numero di pannolini che si utilizzano) e un approccio più naturale alla maternità (o paternità).

Vi lascio con un vonsiglio bibliografico:

Laurie Boucke, Senza pannolino, Terra Nuova Edizioni