Abbondanza: il punto di vista dell’Antropologia

Per gli antropologi evoluzionisti i cacciatori-raccoglitori, che fino ad allora avevano avuto modo di incontrare nei più remoti angoli della Terra, erano considerati il gradino più basso dell’evoluzione umana: erano popolazioni nomadi o semi-nomadi, non avevano una consistente cultura materiale, vivevano in gruppi ma senza nessuna struttura gerarchica e un ordinamento politico o legislativo; laddove effettuavano scambi con altri gruppi non utilizzavano la moneta e, forse la cosa più importante, non riuscivano a produrre surplus alimentare. Per Hobbes gli uomini e le donne che vivevano in queste società, si trovavano nella condizione più primitiva possibile e la loro vita era “solitary, poor, nasty, brutish, and short” (solitaria, povera, pericolosa, brutale, e breve). Per il “senso comune” (e purtroppo anche per diversi studiosi) queste popolazioni rappresentano ciò che l’uomo occidentale era una volta, prima del suo lungo percorso evolutivo.

Dal 1960 molti studiosi cominciarono ad osservare in un’ottica nuova la vita di queste popolazioni. Presero nota delle ore dedicate al lavoro e del tempo libero, considerarono le capacità nutritive dei loro alimenti e la loro salute. Cominciarono a registrare miti e storie oltre che ascoltare la loro spiegazione del mondo e dell’esistenza. I risultati furono sorprendenti: i cacciatori- raccoglitori non vivevano di stenti, ma lavoravano meno delle società orticole, agricole,industriali e post-industriali. Il loro lavoro era intermittente e avevano una abbondanza di tempo libero,  non di cibo o di beni materiali. Inoltre,tutti i popoli cacciatori-raccoglitori sparsi per il mondo sono caratterizzati da una forte etica dello scambio, compensano la mancanza di cultura materiale con solide relazioni sociali.

Nel 1972 Marshall Sahlins sintetizza questo insieme di studi con la sua teoria de “l’origine della società dell’abbondanza”. Nel suo libro Economia della società della pietra, l’antropologo americano afferma che in questo tipo di società tutti i bisogni materiali vengono facilmente soddisfatti e la chiave dell’abbondanza sta non nel produrre di più, ma nel desiderare di meno. A differenza della società capitalista dove i bisogni umani possono essere infiniti ma i mezzi materiali per soddisfarli limitati. Per alcuni gli studi di Sahlins possono sembrare un po’ datati, ma la comprensione antropologica dell’abbondanza sembra avere molto in comune con pratiche emergenti e del tutto moderne come: la “decrescita” o il “vivere semplice”. Nel dibattito contemporaneo comincia a farsi strada l’idea di una autolimitazione dei bisogni o il loro ripensamento. Una maggiore consapevolezza di ciò che è importante per noi, a differenza di quello che la società ci impone come tale. Meno bisogni materiali e meno lavoro speso per soddisfarli quindi. Questo ci porterebbe ad avere ciò di cui magari sentiamo veramente la mancanza: tempo libero da passare con la nostra famiglia, con i nostri affetti, o semplicemente da dedicare a noi stessi.

Minore abbondanza materiale significa anche lasciare una impronta più leggera su nostro pianeta. Ma il rifiuto dell’abbondanza materiale è solo il passo di questo approccio. L’altro aspetto cruciale è il principio della condivisione come tratto fondamentale dell’esperienza umana.