Dolci natalizi: tra diffusione e localizzazione

Le festività natalizie sono contraddistinte da grandi abbuffate, da Nord a Sud del paese è possibile notare un grande varietà di cibi tipici di questo periodo. Una riflessione particolare la possiamo però dedicare ai dolci, la loro diffusione nel paese è di tipo opposto. Alcuni prodotti sono un esempio della tradizione alimentare locale, come: il panfortre di Siena, il parrozzo di Pescara, il nadalin di Verona, il buccellato della Sicilia e i raffioli o raffiuoli a Napoli. Esclusi dalla grande distribuzione, questi dolci perdono gradualmente una grande prerogativa del cibo, fanno sempre più fatica a spostarsi dal loro luogo di origine oltre a essere strettamente localizzati come produzione e consumo. In altri casi possiamo invece riconoscere una vocazione glocal, prodotti in tutta Italia e con numerose variazioni locali. In questa categoria rientrano sicuramente i grandi protagonisti dei dolci di Natale: il panettone ed il torrone.

In entrambi i casi però, questi dolci sono al centro di racconti bizzarri e controversi. La leggenda del panforte per esempio, risale ai giovani gaudenti del XII secolo, da molti considerati gli antesignani dei drughi di Arancia Meccanica ma, che al Latte + preferivano i cibi speziati. Il loro capo, tale Nicolò de’ Salimbeni, pensò di trasformare il pan mielato in pan pepato, aggiungendoci appunto il pepe.

Molto più poetica invece la storia del parrozzo pescarese. Originariamente pane rozzo, fu trasformato in dolce dal pasticciere Luigi D’Amico. Pochi sono forse i dolci nobilitati da versi poetici, Gabriele d’Annunzio gli dedicò infatti un sonetto La Canzone del Parrozzo. «È tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce… e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce…».

Le versioni sull’origine del panettone sono dibattute e variegate. La più popolare narra dello sguattero Toni (Pan de Toni appunto) che lavorava presso la corte di Ludovico il Moro e salvò il pranzo della vigilia di Natale sostituendolo con un dolce di sua invenzione a base di lievito madre, uva sultanina e canditi di scorza d’arancia. Per il torrone sembrano esserci informazioni più certe, visto che la sua origine è rintracciabile nella Cremona di metà 1400. Durante le nozze fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, alcuni pasticcieri della casata viscontea realizzarono una copia in miniatura del Torrazzo, a base di miele, mandorle e bianco d’uovo.

Tra contaminazione culturale ed esclusione, il Natale può diventare una ulteriore occasione per riflettere sul significato di quello che mangiamo. Oltre alla storia e alla simbologia dei cibi, resterebbe da capire come e perchè alcuni diventano “nazionali” e altri invece restano “locali”.