Il lago d’Aral: una landa desolata

Nel 2014  le acque del Lago d’Aral, un tempo il quarto lago più grande al mondo, hanno raggiunto il loro livello più basso da oltre 600 anni. Un ‘area di circa 60 000 kmq, una volta ricoperta d’acqua, ora è completamente arida e sterile. Stiamo parlando di una superficie paragonabile alla Lombardia, al Veneto e al Piemonte messi insieme.
Le conseguenze di questo evento sono drammatiche: la salinità del lago è passata da 14 mg/L a 100 mg/L, ovviamente i pesci sono tutti scomparsi insieme alle attività economiche ad essi associate. Inoltre una riduzione drastica delle zone umide insieme a forti cambiamenti climatici nel raggio di 100 km hanno portato all’estinzione di 140 specie di animali dalla zona. La modificazione del clima consiste in inverni più rigidi ed estati più calde insieme a una diminuzione delle precipitazioni. La mancanza di acqua meteorologica non aiuta di certo il lago e le sue condizioni climatiche che continuano a peggiorare. Si forma un ciclo causa-effetto che sembra non aver via d’uscita.

Il lago d’Aral possiede due grandi immissari il Syr Darya e l’Amu Darya. Nel corso della storia geologica di questo lago, è già successo che le sue acque siano diminuite a causa della modificazione naturale del percorso dei due affluenti. Questi cambiamenti in passato, in natura, hanno richiesto centinaia di anni e sono avvenuti in modo graduale. L’uomo ne ha impiegati meno di 50 per prosciugare quest’area immensa.

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Già dagli anni ’90 il lago non esisteva più nella sua interezza e fu  suddiviso in  Piccolo Aral a Nord e Grande Aral a Sud. Quest’ultimo fu a sua volta diviso in bacino orientale e occidentale. Ora per la prima volta nella storia moderna quello orientale è scomparso del tutto. All’inizio degli anni ’70, il regime sovietico decise che gran parte delle acque dei due grandi fiumi doveva essere deviata per convogliarla in canali di irrigazione per le colture intensive di cotone e di riso, in particolare nella zona dell’Uzbekistan.
Oltre ad ingenti quantità di acqua le colture hanno richiesto fertilizzanti e pesticidi che hanno letteralmente avvelenato il suolo già imbevuto di sale.

Non tutti gli uomini sono gli artefici, alcuni sono le vittime. Il sostentamento di molti villaggi si basava sulla pesca, ora al posto dei porti c’è solo una landa desolata. Tempeste e venti  tossici colpisco le coltivazioni e le popolazioni della zona, con conseguente aumento di malattie respiratorie, cancro all’esofago, diminuzione della speranza di vita da 65 a 61 anni. Forse sono queste problematiche o più probabilmente un guadagno economico che ha spinto il governo del Kazakistan alla costruzione di una diga che è stata conclusa nel 2005. Il risultato è un leggero miglioramento nel Piccolo Aral: il livello dell’acqua è salito di 2 m, il livello di salinità è diminuito ed è ripresa la pesca. La diga però non è che una goccia nell’oceano. Riportare il Lago alle condizioni originarie, senza rinunciare all’agricoltura è un obiettivo praticamente utopistico. Il futuro di questo lago è ancora ignoto ma sicuramente non è destinato a migliorare, non fin quando l’uomo non rinuncerà all’idea di calpestare qualsiasi cosa pur di accontentare i suoi interessi

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