Salviamo Laturo: l’Ultima Frontiera chiede aiuto

Esistono luoghi che le carte geografiche hanno quasi dimenticato, ma che vivono nell’anima delle persone. Laturo è uno di questi. L’ultimo abitante ha abbandonato il borgo abruzzese alle pendici dei Monti della Laga, nel nord della provincia di Teramo, negli anni Settanta. Da allora, per quasi cinquant’anni, l’oblio è stato il signore incontrastato di quel luogo. Dove un tempo c’era una comunità di circa 50 famiglie che viveva dei prodotti dell’economia montana (agricoltura, pastorizia, raccolta della legna), mai raggiunta da strada carrabile ma perfettamente integrata e connessa al sistema dei borghi presenti sul territorio, sono rimasti solo silenzio e ruderi.

Federico Panchetti
Federico Panchetti

Fino a quattro anni fa. Quando quasi per caso, perdendosi tra boschi, valli e torrenti, Federico Panchetti è sbucato a Laturo. E se n’è innamorato. Tanto da farne la sua seconda casa dandosi una missione: ridare vita al borgo abbandonato. Com’è andata lo ha raccontato più volte Federico, appassionato di wilderness e di sport ad alta quota. L’ultima pochi giorni fa, quando è riuscito a portare il suo sogno in un’aula universitaria. È successo nella Facoltà di Bioscienze dell’Università di Teramo, ospite del Laboratorio Laturo che ha riunito diverse professionalità, docenti, esperti, studiosi, per uno scambio di idee e proposte sulle azioni da intraprendere per sostenere il progetto degli “Amici di Laturo”. È questo il nome dell’associazione creata da Federico insieme ad altre persone che hanno subito il fascino dell’Ultima Frontiera.

L’associazione con gran caparbietà, e tra mille difficoltà, ha iniziato una serie di attività utili per far tornare gente a Laturo. Per prima cosa la riapertura degli antichi sentieri che raggiungevano il paese, ripuliti dalla vegetazione che li aveva cancellati. Poi l’acquisto e la ristrutturazione delle prime case, rispettando lo stile architettonico originale, per evitare che seguissero la sorte già toccata a tante costruzioni venute giù. Un atto simbolico è stato il restauro della vecchia chiesa, custode dell’identità locale, grazie anche al contributo della diocesi di competenza, quella di Ascoli Piceno. E ancora orti coltivati, oltre a tanti eventi organizzati per far conoscere Laturo.

Tutto questo, però, non basta. «Abbiamo bisogno di aiuto, anche economico, e di professionalità specifiche – dichiara Federico Panchetti – L’obiettivo a breve-medio termine è salvare Laturo. La speranza è che qualcuno si interessi all’acquisto delle case dagli eredi dei vecchi proprietari e le recuperi. L’obiettivo a lungo termine è far rivivere storia e tradizioni, fino a riportare dei residenti a Laturo». È un sogno e come tale difficile da realizzare. Ma non impossibile se si considera che già quanto fatto finora da poche persone, con mezzi propri e dedicando tutto il tempo a disposizione, è qualcosa di grandioso. Se un giorno Laturo tornerà ad essere abitata e frequentata, potrebbe diventare un vero esempio di vita alternativa, lontano dall’ecosistema cittadino. Ogni tipo di attività che potranno essere impiantate, da quelle turistiche per amanti della natura, dello sport e della tranquillità, a quelle artigianali (pensate a botteghe che tornano a lavorare nel borgo), dovrà trarre energia da fonti rinnovabili. La quotidianità potrà tornare ad essere quella di cinquant’anni fa e oltre, scandita dai ritmi delle stagioni e sostenuta dalle risorse naturali. Laturo potrà diventare un laboratorio per altri borghi abbandonati e fare da apripista ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile del territorio. Le idee per trovare una “destinazione d’uso” a Laturo sono tante, ma serve che i suoi Amici diventino ancora di più.

Panorama di Laturo
Scorcio di Laturo