Le meraviglie (difficili da raggiungere) dei Campi Flegrei

Spiegatelo, a un turista in visita a Napoli. Spiegategli che potrà perdersi nel folklore del centro città, ammirare il Vesuvio dall’alto di Posillipo, fare un giro in Costiera, ma avrà visto una minima parte dello splendore e della storia che sanno regalare i Campi Flegrei.
In questo territorio ci sono tutti gli elementi naturali. C’è il fuoco – il phlegraios del nome deriva dal greco e significa ardente, l’ardente dei crateri che accoglie –, c’è l’acqua del mare e quella dei laghi, e delle le terme che venivano apprezzate già in epoca romana; c’è la terra, mutevole e pulsante, che negli anni il bradisismo ha fatto sprofondare, ma che è tornata ad essere salda fino a nuovo avviso, e c’è l’aria, brezza marina, inebriante, più leggera rispetto al centro città.
Il marchese De Sade disse che i dintorni di Napoli erano “tra i più meravigliosi al mondo”. Difficile dargli torto, ma al di là delle belle parole che si perdono tra verità e leggenda, il pensiero che un simile patrimonio naturale e storico non sia valorizzato in tutto il suo potenziale farebbe storcere il naso al più incapace dei manager turistici.
I Campi Flegrei sono un territorio straordinario, che purtroppo si rivela in tutta la sua bellezza solo al turista più volenteroso. Come raggiungere la splendida Baia, ad esempio, o l’affascinante Solfatara? I mezzi pubblici sono pochi (la metropolitana ferma a Pozzuoli, la Cumana è un mezzo inaffidabile e affollato), le attività di contorno nulle. Per non parlare di un Anfiteatro Flavio abbandonato a se stesso, con bus di turisti che arrivano anche dalla Germania per ammirarlo, ma qualche volta trovano chiuso, o del lago d’Averno o di Lucrino: senza auto non ci si arriva. Sono lontani da tutto e da tutti, Fino all’assurdità della Piscina Mirabilis, la più grande cisterna d’acqua potabile d’epoca romana mai realizzata, un monumento mozzafiato che quasi nessuno conosce, e per visitarla bisogna accordarsi con la signora che possiede le chiavi, disponibile sì, ma forse questo non basta.
Sarebbero fin troppi gli esempi di località che hanno molto meno dei Campi Flegrei, e che riescono a valorizzare quel poco che hanno attirando decine di migliaia di visitatori ogni anno. Perché qui a Napoli è tutto più difficile? Una seria politica di rivalutazione di un turismo responsabile e consapevole deve partire da una diversa gestione di questo patrimonio, da una corretta informazione, da solide infrastrutture e mezzi di comunicazione. Un modo per farlo è creare consapevolezza delle bellezze che abbiamo prima di tutto nella cittadinanza, in quella parte attiva che intende rivalutare il patrimonio che abbiamo. Ed è questo che facciamo da un anno con i percorsi di turismo sostenibile di Econote, alla riscoperta della nostra città. Il prossimo è a San Valentino, sulle scale del Petraio.