L’orto nelle carceri: il caso di Secondigliano

Un terreno incolto, di circa due ettari, trasformato in orto e serre per coltivare olio, frutta e ortaggi all’interno dell’istituto penitenziario di Secondigliano (Napoli)  sta dando già dal 2013 una possibilità di riscatto e di riabilitazione ad alcuni dei detenuti del carcere.

Il progetto parte nel 2013 con un Un orto carcere di Secondigliano, il riscatto che passa dalla “terra”
protocollo firmato tra l’assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, il centro penitenziario e il garante per i detenuti per la creazione di una cooperativa per la vendita di  prodotti biologici di qualita’ e tipicita’ garantita, grazie al supporto tecnico degli agronomi dell’assessorato, che hanno messo a punto coltivazioni geneticamente legate al territorio.

Gran parte infatti dei prodotti coltivati,  pomodori, zucchine, carciofi, melanzane, e frutta e olio oggi vengono distribuiti a ristoranti ed esercenti, oltre che nel carcere stesso. Tutto ciò che si produce è di stagione, rigorosamente biologico e coltivato senza l’utilizzo di sostanze chimiche o concimi industriali.

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Il progetto  è, inoltre, sostenuto dallo chef Pietro Parisi, ragazzo vesuviano, da sempre attento ai prodotti della tradizione locale e al riutilizzo di tutto ciò che normalmente viene considerato scarto, che ha donato ai contadini-detenuti, piante di pomodori, peperoni, melanzane, papacelle e piselli, prodotti che lo chef ha deciso di utilizzare lui stesso per  i menù dei suoi locali  e  impegnato nel sociale già con la Comunità di San Patrignano, con Libera Terra contro le mafie e la Cooperativa delle detenute della Casa circondariale femminile di Pozzuoli che produce il Caffè Lazzarelle.

Il progetto del Centro Penitenziario  spiega lo chef Parisi : si ispira alla fattoria “Gli orti di Antonia” di Bamako in Africa, costruita dall’ingegnare ivoriano Dada Traorè con il mio aiuto. Tutti e due questi progetti si chiamano “Orti di Antonia”, in omaggio a mia figlia e alle giovani generazioni, perché ricevano da noi un mondo migliore”.

La generosità della “Terra a km 0”  che aiuta a dare nuova motivazione alla vita dei detenuti, un percorso che insegna loro un nuovo lavoro per ritrovare dignita’ anche dietro le sbarre,  dove spessissimo lo stato di sovraffollamento e degrado è stato di emergenza.