Incontro con l’agronomo Rino Borriello su Rigenerazione e Riqualificazione Urbana a Futuro Remoto 2015

La Conferenza Unificata del 9 ottobre scorso, ha approvato il bando per il recupero delle periferie degradate, con qualche novità: le risorse stanziate ammontano a 194 milioni di euro e per la partecipazione non sarà necessario un progetto definitivo, ma basterà quello preliminare.

E’ un primo passo verso quella che si definisce col termine di Rigenerazione Urbana?

Ne parliamo con il prof.Rino Borriello, agronomo territorialista che, dopo le docenze al Master II livello in Pianificazione Comunale, presso l’Università Federico II di Napoli, ha avviato una copiosa rete di incontri e conferenze sul territorio, la prossima delle quali sarà tenuta il 17 ottobre in Piazza Plebiscito a Napoli, nell’ambito della rassegna Futuro Remoto 2015.

Quali gli obiettivi della sua presenza a Futuro Remoto 2015?

Conferenza al Premio Convivialità Urbana il 7 ottobre 2015a
Conferenza al Premio Convivialità Urbana, 7 ottobre 2015

Il mio contributo a questa importantissima manifestazione scientifica, è proprio volto alla divulgazione delle tematiche di rigenerazione urbana in chiave eco-sostenibile, troppo spesso appannaggio di altre professionalità pianificatrici, con le quali è però indispensabile collaborare e dialogare. L’ho già fatto in una conferenza alla VI Edizione del Premio Convivialità Urbana, un seguitissimo appuntamento ideato dall’arch. Grazia Torre e che quest’anno ha riguardato la Riqualificazione dell’Ippodromo di Agnano.

Secondo lei, è in atto la ridefinizione dell’Urbanistica?

In Europa circa l’80% della popolazione è riversata nelle città. Sono un agronomo territorialista, non un urbanista. Credo tuttavia che il miglioramento della vivibilità dei centri urbani sia una condizione indispensabile e che l’Urbanistica sia oggi chiamata a rinnovarsi e ad abbandonare il suo mero carattere prescrittivo, per diventare strumento di “ascolto” delle città, facendosi interprete di tutte le esigenze espresse dai “luoghi fisici della quotidianità”.

La questione ambientale è diventata argomento centrale di qualsiasi campagna elettorale…

…. ma, al di là degli slogan, molto raramente alle intenzionalità seguono risultati apprezzabili sotto il profilo scientifico.Troppo spesso si sente parlare di pianificazione orientata all’ “eco-sostenibilità”, termine e fine lodevoli, tuttavia abusati ed illusori se disancorati dalle indispensabili conoscenze sull’Agronomia Urbana e dall’applicazione rigorosa delle sue tecniche.

Esiste anche un’Agronomia Urbana?

Nell’ambiente urbano, che è artificioso ed a tratti completamente innaturale, gli organismi adottano nuovi comportamenti e molto spesso hanno risposte fisiologiche diverse da quelle che manifestano nell’ambiente naturale. Questo vale anche per le piante. Si, certamente, si può e si deve parare di un’Agronomia urbana, in risposta alle mutate esigenze, espresse dalla cosiddetta Foresta Urbana. Solo prendendo in seria considerazione l’Urban PlantPhysiology si potrà garantire che la pianificazione e la trasformazione del territorio si traducano in una efficace e stabile opera di riqualificazione e non soltanto di transitoria sistemazione dello stesso.

Agronomi ed Urbanisti a confronto dunque..

Collaborazione sinergica direi.

Vede, unitamente al dibattito sulla definizione e sulla realizzazione delle Città Metropolitane, è in atto almeno da un decennio quello incentrato sulle politiche e sui programmi di Riqualificazione e di Rigenerazione delle nostre città. A mio avviso, qualsiasi programma che si prefigga questi obiettivi non potrà più prescindere dall’adozione di tecniche in grado di portare il verde in ogni ambiente e di farlo attecchire su ogni supporto. Il dialogo fra le varie professionalità coinvolte nei processi di riqualificazione urbana, deve però fondarsi sulla necessaria inversione di tendenza con la quale si è finora guardato al verde cittadino, riscattandolo dalla funzione ancillare della disciplina urbanistica e ponendolo al centro delle priorità, o almeno in posizione non subalterna agli altri indirizzi della pianificazione.

Da decenni siamo informati sulle profonde alterazioni dei parametri dell’ambiente cittadino e dalle ripercussioni di questi sulla salute pubblica; conosciamo perfettamente i dati allarmanti sull’inquinamento dell’aria e delle acque urbane, ma stenta a decollare un modello di riqualificazione urbana improntato sulla ferma volontà, soprattutto politica, di imporre l’applicazione delle attuali conoscenze scientifiche in materia di Ambiente Urbano….

…. , e di interrompere il circolo vizioso degli appalti, affidati quasi sempre- e senza facili generalizzazioni – a ditte che se li aggiudicano col massimo ribasso e che poi non garantiscono “nei fatti” la realizzazione corretta delle opere a verde. Par quasi che l’intero scibile agronomico, peraltro egregiamente insegnato nelle nostre Università, non “debba” trovare applicazione nell’ambito urbano dove si continua a non tenerne conto per favorire l’adozione, assai più facile, di schemi e di metodologie spicciole le quali, nel non garantire i risultati sperati in termini di qualità, si traducono in un aumento considerevole dei costi di gestione a spese dei cittadini.

Anche a livello di progettazione degli spazi verdi, la scienza agronomica viene relegata in posizione subalterna rispetto all’urbanistica?

Purtroppo si ed è un errore non semplicisticamente grossolano, ma che si ripercuote sugli esiti dell’intera pianificazione di una città, dato che la disattenzione ai parametri agronomici ed ecologici, quelli sui quali poi si va concretamente ad agire, si traduce nel fallimento di qualsiasi volontà miglioratrice dell’ambiente urbano.

Uno sviluppo urbano ecologico, o meglio ancora sostenibile, dovrebbe essere visto come un processo permanente in cui gli obiettivi ecologici, spaziali e sociali siano coordinati reciprocamente su un piano di pari dignità.

Nei suoi corsi universitari e nel ciclo di conferenze su questi temi, cosa propone di alternativo?

Innanzitutto occorre identificare e proteggere gli ecotopi esistenti perché particolarmente preziosi ai fini conservativi della naturalità delle aree urbane. Il successivo passo da compiere è quello di mantenere la zonizzazione ecologica dell’area urbana, salvaguardando la cosiddetta “campagna incapsulata” ovvero l’insieme delle aree naturali residuali, gli incolti, le poche aree agricole ed i giardini. Molto importanti, a questo avviso, risultano gli spazi marginali, presenti soprattutto nelle periferie. Nel creare i nuovi spazi verdi bisogna incoraggiarne la biodiversità e, per ridurre l’isolamento delle popolazioni animali e vegetali, occorre progettare in modo tale da favorire il collegamento fra le varie “isole verdi” presenti nel tessuto urbano, e fra queste ed il territorio suburbano.

Corridoi Ecologici dunque?

Convegno Maratea 9 ottobre 2015 n
Convegno “Ambiente e Cultura Mediterranea” a Maratea, 9 ottobre 2015

Si, ma Corridoi ecologici veri. Mi spiego. Nelle aree e quartieri periferici, si dovrebbero utilizzare specie vegetali autoctone, in grado nel loro insieme di costituire i così tanto auspicati Corridoi Ecologici, che non vanno però confusi come spesso accade, con la realizzazione di filari di alberi, quasi che percorrendo il filare stesso, sia data la possibilità alle specie animali di trovare una via di collegamento fra i vari siti ad alta naturalità, separati fra di loro dal tessuto urbano. I Corridoi Ecologici sono invece un collegamento “ambientale” fra le diverse sezioni del territorio, in cui la matrice vegetale raggiunge un grado di complessità tale che, unitamente alle altre peculiarità dei vari habitat, permettano la sopravvivenza delle varie specie facenti parte delle biocenosi dei luoghi. Ne ho parlato il 9 ottobre scorso all’importante convegno organizzato da “Ambiente e Cultura Mediterranea” a Maratea. Un convegno in cui si sono incontrati, parlando la stessa lingua ideale, esperti di tutte le discipline. Davvero interessante e proficuo.

Gli edifici non costituiscono barriere ecologiche insormontabili nello sviluppo di sistemi di corridoi?

11026036Nelle aree densamente edificate un incremento degli habitat naturali può essere ottenuto utilizzando giardini pensili ed il cosiddetto “Verde Verticale”. In questi ultimi anni, il tema del verde verticale e dei giardini pensili ha assunto grande importanza in concomitanza di una nuova coscienza ecologista subentrata anche nelle tematiche della Rigenerazione Urbana in chiave ecocompatibile. Ciò, per fronteggiare la crescente impossibilità di introdurre, nei nostri ambienti cittadini, nuovo verde in forma di alberate cittadine, parchi e giardini pubblici. Queste tecniche, oramai consolidatesi sia in America che in Europa, offrono un ampio ventaglio di soluzioni architettoniche e suscitano estremo interesse nei progettisti di opere pubbliche. Il verde verticale è oggi in grado di dare risposte alla riqualificazione delle aree metropolitane perché, nell’apportare preziose mitigazioni degli effetti negativi del clima urbano (aumento della concentrazione di ossigeno, diminuzione del carico di polveri sottili (PM10), azione di filtraggio e depurazione degli altri inquinanti atmosferici, abbattimento acustico e riduzione del riverbero, incremento della biodiversità) si traduce in un miglioramento dell’isolamento termico degli edifici, evitando l’irraggiamento diretto dei raggi solari sulla parete, che non si scalda e non irradia il calore all’interno, contribuendo in questo senso al piano di risparmio energetico degli edifici.

Ma il verde pensile e quello verticale hanno costi molto elevati.

Resta ancora un settore di nicchia, ma il costo di queste realizzazioni è inversamente proporzionale al loro grado di diffusione sul territorio. In altri paesi europei oramai rientrano nello standard edilizio. Più si diffonde la cultura del verde verticale, più sarà facile avere ditte che, a chilometro zero, lo producano e lo distribuiscano. Ed è un settore molto allettante per vivaisti di piante, ditte che operano nell’edilizia, per architetti, ingegneri, agronomi. Il verde urbano, nelle città del futuro, sarà principalmente un verde verticale e pensile. Ed alla portata di tutti.

Sappiamo che ha ideato il Corso sul Verde Verticale. Ce ne parli.

Ordine Archittti. Presentazione Corso su Verde Vrticale fra Arch.tta Sofia Tufano e Prof. Massimo Visone
Presentazione del Corso “Giardini Pensili e Verde Verticale” all’Ord.Arch. di Napoli

Con l’Ordine degli Architetti PPC di Napoli, soprattutto con il presidente Visone e la consigliera Sofia Tufano, ho avviato un Corso di Aggiornamento Professionale sul Verde Verticale e Pensile. Si parte il 20 ottobre. Ed è il primo in Italia in cui oltre alle preziose lezioni di personalità come quelle dell’ingegnere Giorgio Boldini, il papà della Legge n.10 del 2013 e quelle di Sergio Bit, l’architetto italiano oramai icona del Verde Verticale, ci saremo – come agronomi – io ed il giovane collega Andrea Coppeta. Un quadro storico sarà poi offerto dal prof. Massimo Visone della Federico II di Napoli ed uno normativo, dal professore Vito Cappiello, dello stesso ateneo. La cosa più importante, che poi renderà unico questo corso, sarà la possibilità che offriremo agli iscritti di realizzare una vera e propria parete di verde verticale, presso Città della Scienza, con la supervisione dell’arch. Mario Amorelli. Subito dopo questo Corso, ne partiranno altri con altre sedi dell’Ordine degli Architetti, sparse un po’ in tutta Italia.

Un successo dunque….

…., che raccolgo dopo circa trent’anni di impegno. La mia speranza è quella di contribuire a migliorare il mondo che mi sta intorno, per quella infinitesima parte che possa fare. E credo che questo debba farlo ognuno di noi, ciascuno nel proprio campo s’intende, perché è compito che riguarda tutti noi ospiti di questo malandato pianeta. Che si può recuperare però, basta volerlo! Io ci provo…. Grazie.