Appello di Greenpeace: stop ai PFC nell’abbigliamento outdoor

PFC e altre sostanze dannose nei capi di abbigliamento outdoor: è ora di dire basta! Questo l’appello lanciato da Greenpeace con una petizione online, che chiama in causa due tra i più noti brand del settore: The North Face e Mammut.

L’associazione, infatti, ha analizzato gli articoli outodoor prodotti dai due brand ed ha attestato che contengono PFC,  sostanze chimiche utilizzate per  rendere impermeabili i capi di abbigliamento. Come spiega Greenpeace, però, i PFC sono altamente dannosi: una volta rilasciati nell’ambiente – cosa che accade durante la produzione dei tessuti, e durante l’uso e lo smaltimento di prodotti che li contengono –  si degradano molto lentamente e possono persistere addirittura per centinaia di anni, diffondendosi ovunque. Studi recenti hanno inoltre dimostrato che alcuni PFC possono avere effetti negativi sul sistema riproduttivo e ormonale e favorire l’insorgenza di tumori.

Va comunque rilevato che, come riporta la stessa Greeenpeace, attualmente non risulta che i PFC causino danni alla salute se a contatto con  la pelle: fino ad ora non ci sono prove di un legame diretto tra l’insorgenza di problemi di salute e il fatto di indossare capi di abbigliamento contenenti PFC. Le alternative “pulite”, però, esistono: materiali e trattamenti impermeabilizzanti performanti, sicuri e privi di sostanze tossiche. Per questo, l’associazione chiede che anche The North Face e Mammut inizino da subito ad utilizzarli: richiesta che al momento è forte della firma di 38.699 persone.

La petizione si inserisce all’interno della campagna “Detox Outdoor” con cui Greenpeace  mira a convincere le realtà produttive del settore outdoor ad eliminare i PFC e tutte le altre sostanze chimiche dannose dalle proprie filiere, seguendo l’esempio di alcune aziende “pioniere” (noi avevamo parlato, ad esempio, di Reda Rewoolutionche stanno giù utilizzando alternative non tossiche. E per raggiungere questo obiettivo, Greenpeace chiede l’aiuto dei consumatori finali, gli appassionati di sport outdoor e di vita all’aria aperta,  invitandoli a prendere parte attivamente alla campagna: uno dei risultati di questa sinergia è stata l’analisi dei marchi di abbigliamento indicati dalla community, che l’associazione ha classificato a seconda delle sostanze rilevate nei loro prodotti.