La Vita Ritrovata, di Penny A.

La Vita Ritrovata è un volume in linea con i temi di Econote. Sebbene si sviluppi chiaramente come romanzo di formazione, pieno di vicende sentimentali, parecchi drammi e tanto amore, il fatto che ci sia tanta natura e vicende collegate alle questioni ambientali lo rende appetibile anche per il pubblico di lettori ecofriendly.
Scritto da Penny A., quindi sotto pseudonimo, La Vita Ritrovata ha come sfondo Napoli, e bene si tratteggia il cambiamento che negli ultimi sessant’anni ha interessato la città. La campagna diventa asfalto, gli alberi vengono abbattuti e lasciano spazio alle industrie, all’avvento della grigia modernità. La fabbrica prende il sopravvento sui colori pastello simbolo di genuinità, e con l’industria i protagonisti del libro troveranno sì lavoro, ma anche i malanni determinati dall’uso dell’amianto, vicenda che più volte abbiamo seguito da vicino.

L’autrice, Penny A., mette al centro del suo libro, La Vita Ritrovata, tante donne. Forse anche troppe, perché alle volte si perde il filo della narrazione tra i tanti personaggi che si susseguono nei brevi capitoli. Ciò che emerge è soprattutto la loro forza, la capacità di rialzarsi sebbene la loro vita sia costellata da drammi, e facendolo riescono sempre ad affrontare le difficoltà della vita.

Marisa, Mena, Sara. Sono loro, le donne, le vere protagoniste di un libro che tra alti e bassi ci racconta le loro storie di mogli, madri e figlie, amiche e compagne, trasmettendo così l’importanza della famiglia e dell’amore coniugale, mostrandoci le loro lotte quotidiane alla ricerca della felicità. Sullo sfondo altri nomi, altri personaggi: Mauro, Ferdinando, Marcello e altri, tutti insieme in questo “romanzo natural-sentimentale”, nel quale la natura torna più volte a fare da sfondo alle vicende.

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Ecco un passaggio emblematico:

“I bambini vivevano felici nel verde della campagna, tra numerosi animali. Marisa adorava l’odore del fieno della stalla e si incantava a guardare le mucche e i loro vitellini. Una volta lo zio Vitaliano le aveva chiesto di mungere “Stellina”, la mucca con la macchia bianca in mezzo alla fronte. Lei per un attimo aveva pensato di rifiutare. Ma era orgogliosa e mai avrebbe ammesso di avere paura nello stare così vicino al grosso animale. Si era seduta sullo sgabello che lo zio aveva posto accanto a Stellina e aveva cominciato a strizzare le mammelle pendule della mucca che, ferma, la guardava con i suoi occhioni fiduciosi. Non era stato facile fare uscire il latte ma con l’aiuto dello zio aveva riempito un grosso secchio che aveva poi mostrato, con soddisfazione, ai nonni. Da quel momento era diventata l’aiutante di Vitaliano, che aveva il compito di mungere le mucche.”

Si sottolinea con evidenza, in più di un capitolo, anche la piaga dell’amianto, di cui ci occupiamo da sempre, e che tante morti ha causato nel corso degli anni:

“In nome del progresso vennero distrutti gli immensi spazi verdi delle terre del nonno, i lunghi viali ricchi di piante, il grande orto, orgoglio della nonna, lo stupendo, raro e unico gazebo formato dall’albero secolare. Con esso la natura aveva mostrato tutta la sua esuberanza nella forma del tronco, dalla corteccia viva sana e tale da sostenere il peso di rami maestosi, cresciuti in maniera singolare. Essi formavano tre grossi gradini. Poi si estendevano ancora per ripiegarsi in un tetto ricco di foglie dal vivace colore verde. Questa meraviglia, vero e proprio prodigio, simbolo della natura che, materna, aveva prodotto e donato al mondo una creatura così imponente e particolare, venne abbattuto senza alcun tentennamento. Là dove c’era il verde, la luce, la vita, arrivò, con la promessa di nuovi posti di lavoro, il nero, il buio, la morte.”

E così, tra paesaggi, alberi, racconti di vita vissuta e drammi familiari, il libro si dirige verso un finale che ci dà comunque tanta fiducia nei confronti della vita, un ottimismo finale che ci fa guardare con occhi diversi l’esistenza umana.