I murales di Orgosolo. Intervista a Francesco Montisci e Giovanna Corraine

Orgosolo. Dopo l’intervista al fotografo Paolo Coretti, Francesco Montisci ci conduce nella realtà locale di chi vive i murales tutti i giorni. Inoltre, Giovanna Corraine risponde alle domande di Patricia sulle tecniche di pittura dei murales. 

INTERVISTA A FRANCESCO MONTISCI

Di Patricia Lolli


Ci  descrive la realtà dei murales di Orgosolo, vista da un tecnico anche del luogo?

Anzitutto, il fatto di aver frequentato, ormai tanti anni fa, un Istituto d’Arte non fa di me un “tecnico” in senso stretto, poiché tale è, oggi, quando si parla di beni culturali, un buon conoscitore delle norme e dei procedimenti che regolano il mondo che questi beni tutela.
Tutela dei “murales” di Orgosolo. Mi pare, dalle sue parole, di aver capito che proprio questo le interessa. Ecco quel che ne penso ma prenda queste poche righe esattamente per quello che sono: un’opinione fra le tante che gli orgolesi hanno sull’argomento. La nascita dei “murales” a Orgosolo ha segnato un periodo ben definito, negli anni a seguire quella che è definita “la rivolta di Pratobello”, cosa che ingenera confusione soprattutto fra le guide turistiche che le agenzie di viaggio forniscono ai tanti visitatori e che superficialmente informano le loro comitive sull’origine di questi muri colorati, quando non raccontano che sono opera di un qualche “bandito” che dipingeva di notte in spregio alle forze dell’ordine.

Una “manifestazione” artistica che parte dal basso, portando in luce sentimenti condivisi da una intera comunità che non trovavano spazio nella lontana cornice dei media di allora, impegnata a sottolineare esclusivamente aspetti legati ai locali episodi di cronaca. In altri termini l’origine dei muri colorati di Orgosolo è molto simile a quella del muralismo messicano, il primo del genere.

Per usare una delle sue parole un’informazione “altra”. I murales informano, quindi, dal basso e, considerati come “notizia” questa è comunque “interpretata” da qualcuno, in questo caso un artista, che come il “giornalista” ne filtra in qualche modo il “contenuto”. Il fatto che la “interpretazione” sia realizzata all’aperto, di fronte a tutti, è quel che rende il risultato condiviso ben oltre un qualsiasi lavoro redazionale.

Tutto questo fa parte di un periodo storico ben preciso e ha bisogno di tutela?

Direi che “questo” che viviamo oggi è il periodo storico importante e che la tutela dovrebbe essere rivolta verso la “manifestazione artistica”, cioè verso le persone che fra quei muri ci vivono e lavorano.
Con tutta evidenza, molti dei murales realizzati nel corso degli anni ad Orgosolo dovrebbero essere “conservati” ma non esistono forme di conservazione che non impongono vincoli e questo rende il tutto difficile, posto che “vincolo” significa “limite a una qualche libertà”. Esattamente il contrario di quel che questo particolare tipo di “manifestazione artistica” si propone.

Certo un bel problema, da risolvere con il dialogo e il confronto, problema che è sul tavolo da sempre. Nel frattempo 400 metri quadri di murales realizzati due anni fa all’ingresso del paese, un’altra quindicina in una notte di musica e murales nell’estate passata credo siano una, seppur parziale, risposta da parte di quella Orgosolo che pensa con la sua testa, senza contare gli interventi di chi, in tutti questi anni, ha cercato di “conservare” vivendo i murales e fra i murales, fra l’altro trovando ulteriori spunti, come Teresa e i suoi “pedrales” e Giovanna con le “pietre dipinte”.

Come vede la questione non è in mano alla Divina Providenza,  per dare una risposta anche al suo dubbio, e penso proprio a tutte quelle persone che in questi anni si sono date, e si danno ancora, da fare, per “conservare la manifestazione artistica”. Oltretutto, la Divina Providenza, come sempre, ha ben altro da fare che tutelare i murales di Orgosolo e, come al solito, anche piuttosto distratta.
Cito, ovviamente, non ricordo più da chi o da dove. Ma condivido in pieno. Anzi, mi chiedo se non sia proprio per questo che, dal basso, a volte, si “dipingono” muri che altri hanno costruito.

Foto di Paolo Coretti

INTERVISTA A GIOVANNA CORRAINE

Quali metodi di pittura troviamo nei primi murales di Orgosolo? Gli autori degli ultimi anni si avvalgono prevalentemente di tecniche più persistenti?

Dal punto di vista delle tecniche esecutive è possibile individuare alcuni elementi ricorrenti, in gran parte riconducibili all’impiego dei nuovi materiali costitutivi frutto delle innovazioni tecnologiche del mercato, divenute ormai accessibili su larga scala. Le tecniche tradizionali non vengono quindi impiegate, gli artisti ne riconoscono la validità, ma il loro impiego in tale momento si scontra con alcuni aspetti: la ricerca di nuovi effetti pittorici, la rapidità d’esecuzione e la presenza, nelle nascenti costruzioni moderne, dei nuovi supporti in cemento. Nella maggior parte dei murales in esterno si riscontra la mancanza di strati preparatori; in alcuni casi si dipinge direttamente sul muro con i mattoni lasciati a vista, altre volte sullo strato di rivestimento, sfruttando l’intonaco originario.
La stesura pittorica delle pareti è effettuata pertanto sul muro asciutto, sul quale vengono stesi direttamente i colori. Si tratta della così detta pittura acrilica, tecnica maggiormente impiegata,
poiché per adattabilità a supporti differenti, rapidità di asciugatura e facilità di applicazione, permette all’artista un’esecuzione più semplice ed immediata. Tali scelte sono determinate in generale dalla spontaneità del progetto artistico; altre volte, invece, l’adozione dei materiali è da porre in relazione ai mezzi disponibili al momento dell’esecuzione. Infatti, l’artista rivolge innanzitutto il suo
interesse all’urgenza comunicativa del messaggio e raramente si preoccupa della durabilità dell’opera.

Recentemente, diversi artisti, hanno utilizzato dei primer (prodotti disponibili in commercio sotto forma di soluzioni o dispersioni acquose comunemente conosciuti nel settore dell’edilizia  come
aggrappanti) sia in miscela con i colori acrilici con l’intento di conferire loro maggior resistenza ai fenomeni di deterioramento risparmiando in passaggi e tempi di lavorazione, sia come fissativi
finali delle loro opere, nonostante le buone caratteristiche di brillantezza e resistenza dei film polimerici garantiscano eccellenti risultati alla pittura senza che con ciò questa debba essere necessariamente protetta da una vernice.

Anche questi prodotti vengono applicati, previa diluizione in acqua, mediante i tradizionali strumenti di tinteggiatura delle superfici edilizie e in seguito all’iniziale processo fisico di evaporazione del mezzo acquoso, influenzato dalla porosità del supporto e dalla temperatura esterna, avviene così come per le pitture, il secondo processo fisico, la cosiddetta coalescenza, dove le varie goccioline della dispersione, contenenti gli aggregati delle macromolecole di resina, si fondono tra loro in modo da formare un film continuo.

Nel restauro come si agisce sul colore per garantirgli una vita più lunga? E quali sono le fondamentali cautele per il mantenimento delle strutture murarie?

Essendo i murales opere semi-tradizionali l’approccio delle operazioni non si discosta metodologicamente dall’intervento sulle opere antiche benchè, trovandosi di fronte a prodotti industriali di cui sono sconosciuti processi di degrado, è necessario ricorrere ad una maggior cautela nei loro confronti, adeguando le tecniche tradizionali di restauro in modo critico, attraverso approfonditi studi, ricerche, documentazioni e il semplice dialogo con gli artisti.

Generalmente l’approccio nel restauro di dipinti murali prevede più fasi operative. Prima di intervenire direttamente su un’opera, è fondamentale conoscerla in modo approfondito: per tale motivo la prima fase di un intervento di restauro sarà un’attenta indagine preliminare, per valutare le caratteristiche del dipinto, analizzare le cause ed i fattori di degrado nonché lo stato di conservazione dell’opera.

Se il dipinto murale presenta parti a rischio di caduta, in particolar modo a livello strutturale, sarà necessario intervenire con operazioni preliminari di messa in sicurezza attraverso un preconsolidamento che ha l’obiettivo di stabilizzare e consolidare le superfici che si presentano decoese e polverulente, sia che riguardino l’intonaco che la pellicola pittorica, sulle quali sono richiesti interventi e trattamenti successivi. Questa fase, di notevole importanza, evita la perdita di materiale originale, ma non deve interferire con le fasi successive, quindi i materiali andranno selezionati attentamente in funzione di quelli utilizzati nelle altre operazioni di restauro.

L’intervento successivo riguarda invece la pulitura che consiste in una serie di operazioni che hanno l’obiettivo di rimuovere dalla superficie del manufatto le sostanze estranee, patogene e generatrici di ulteriore degrado sia materico che estetico, quali depositi superficiali coerenti e incrostazioni, macchie, alterazioni cromatiche, biodeteriogeni e materiali non idonei.

Nella prassi degli interventi di restauro, solitamente in seguito all’operazione di pulitura si prosegue con quella del consolidamento, che ha l’obiettivo di riconferire coesione al materiale che si presenta alterato a causa di processi di degrado. L’intervento può interessare tre livelli: adesione tra gli strati costitutivi,
disgregazione dell’intonaco e decoesione o esfoliazione della pellicola pittorica. Nel primo caso, l’adesione tra gli strati costitutivi va valutata con un’indagine non invasiva che permette di valutare i “vuoti” che corrispondono ai punti di distacco sia tra i vari strati che tra gli strati e la muratura. Il risarcimento dei
distacchi è un’operazione delicata, non reversibile e difficilmente controllabile poiché non si può osservare direttamente ma si agisce all’interno del supporto. Solitamente si interviene mediante l’esecuzione di microiniezioni localizzate di un consolidante scelto in base alla compatibilità con i materiali costitutivi della struttura muraria. Anche nel secondo e nel terzo caso, i prodotti consolidanti
andranno selezionati in base alle caratteristiche fisico-chimiche dei materiali originali, poiché si tratta di un’operazione non reversibile, in quanto il legante del consolidante va a sostituire o integrare il legante originale del dipinto. Considerata la non reversibilità dell’operazione, è fondamentale mantenere la ritrattabilità della superficie, per non impedire futuri interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, sia con l’uso del medesimo materiale sia con materiali diversi.

Stabilizzata e consolidata l’intera superficie, si procede con la stuccatura di lacune, mancanze e fessurazioni e al rifacimento di porzioni di intonaco cadute, con l’obiettivo di ripristinare la continuità strutturale e rendere la superficie più stabile e leggibile. Anche questa operazione viene effettuata scegliendo materiali compatibili con i materiali costitutivi originali del dipinto murale. Il criterio da utilizzare per le soluzioni estetiche, quali livello delle stuccature e tono cromatico andranno valutati caso per caso.

In seguito all’operazione di stuccatura, generalmente segue la fase della reintegrazione pittorica, che ha lo scopo di ripristinare un’adeguata lettura dell’opera d’arte mediante il collegamento cromatico, laddove siano presenti lacune o abrasioni della pellicola pittorica.

Dopo la reintegrazione pittorica si effettua anche una protezione finale che si esegue con prodotti compatibili dal punto di vista chimico-fisico con i materiali originali, con l’obiettivo di “proteggere” la pellicola pittorica da nuovo e futuro degrado. Tale operazione è necessaria in caso di dipinti murali posti all’esterno, per proteggere la pellicola pittorica dall’azione degli agenti atmosferici.