
I primi sette giorni (proprio come quelli della Genesi) sarebbero proprio infernali. Le 400 centrali nucleari sparse per il pianeta sarebbero fuori controllo, così come i pozzi petroliferi e gli impianti petrolchimici. I gas che si verrebbero a sprigionare creerebbero un ambiente per noi inabitabile, ma è proprio da qui che partirebbe la rinascita della Terra.
Per scrivere questo libro Weisman si è recato in quegli ecosistemi human free, da Tarkowsky, intorno alla centrale di Chernobyl, in Ucraina, a Bialowieza Puszcza, l’ultima foresta primordiale sopravvissuta in Europa, tra Polonia e Bielorussia. Quelle parti nel mondo che da tempo sono state abbandonate dall’uomo e che ormai sono sotto il dominio di piante e animali.
Secondo i calcoli dell’autore nel giro di centomila anni il nostro pianeta (non più nostro oramai) sarebbe giunto all’anno Zero e del passaggio dell’Uomo sulla Terra non rimarrebbe più niente, un nuovo Eden insomma. L’unica traccia umana che potrebbe sopravvivere sarebbero le facce scolpite dei presidenti americani sul monte Rushmore, sette milioni di anni dopo sarebbero ancora vagamente riconoscibili. La Terra ce l’ha fatta, è sopravvissuta senza di noi. Magari sarà pronta ad accogliere una nuova specie evoluta in grado di rispettarla di più. Ma anche se Il mondo senza di noi può essere classificato come un catrastrophe book (definizione ripresa dal mondo del cinema) la sua morale non è assolutamente pessimista, anzi sollecita interrogativi e riflessioni ancora da affrontare, come ad esempio: ma davvero l’unico modo per salvare il Pianeta Terra sarebbe la nostra estinzione?
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