Clima e politica: le parole di Kumi Naidoo

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Si chiama Kumi Naidoo, viene dal Sud Africa ed è il nuovo direttore generale di Greenpeace. In una recente intervista rilasciata alla BBC, Naidoo ha affermato:

L’esistenza umana sulla Terra è minacciata. Ogni anno, ci sono 300 mila persone in più che muoiono per questioni legate al clima. (…) Tutto ciò che non risulterà in un trattato restrittivo a Copenhagen, rappresenterà un fallimento da parte della classe politica. Non possiamo cambiare la scienza, la scienza è chiara. Dobbiamo cambiare le politiche. E se non possiamo cambiare le politiche, allora dobbiamo indirizzare i nostri sforzi a cambiare i politici.

Il suo punto di vista sull’argomento è chiaro e diretto. Il destino del nostro pianeta è nelle mani della leadership politica mondiale:

Se leader come Obama, Sarkozy, Merkel e Brown non saranno in grado di sbloccare i negoziati, il mondo andrà incontro a migrazioni di massa e carestie. Se questo accadrà, ‘ci dispiace’ sarà la parola più usata, ma purtroppo non servirà a nulla.

Poi rivolge la sua attenzione ad Obama:

durante la sua campagna elettorale, in ogni singolo discorso, ha parlato di un pianeta in pericolo per il cambiamento climatico. Sappiamo che conosce il problema.

Naidoo sottolinea che per il presidente americano, la questione ambientale abbia perso tutta la sua urgenza una volta vinte le elezioni.

In vista di Copenaghen, quali sono i possibili provvedimenti? Ecco cosa sostine Naidoo:

Per il successo di Copenhagen sarà necessario un accordo equo, ambizioso e vincolante che presuppone: un impegno da parte dei Paesi industrializzati a tagliare le emissioni del 40% al 2020 rispetto ai livelli del 1990; un piano per fermare la distruzione delle foreste tropicali entro il 2020; almeno 140 miliardi di dollari all’anno in risorse finanziarie pubbliche per contrastare i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo”.

Le parole di Naidoo aprono uno scenario fatto di decisioni ed accordi di natura strettamente politica, responsabili concreti della salute del pianeta. Verrebbe da chidersi se i leader mondiali siano davvero consapevoli del peso delle loro scelte sull’ambiente.