Gli impianti eolici e lo spazio antropizzato

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Per molti l’impatto ambientale delle wind farm rimanda ad un problema di carattere estetico: la distesa delle torri eoliche abbruttirebbe il paesaggio. Colline, vallate e uno scenario in molti casi agricolo, degraderebbe con l’installazione degli impianti eolici. La monotonia degli elementi sarebbe il simbolo distintivo della standardizzazione e della ripetizione in serie, che invece avrebbe poco a che fare con l’originalità e la diversità del paesaggio preesistente. Per attenuare questo impatto si tentano accorgimenti nelle costruzioni: torri più basse, colori tenui, etc.

Altri critici invece contestano la maldestra modificazione dell’ambiente per puri scopi economici: costruzioni moderne in uno scenario naturale. A queste osservazioni si potrebbe rispondere con un’ampia argomentazione riguardo l’antropizzazione dello spazio: l’adattamento del territorio secondo i bisogni dei gruppi che vi abitano. Le wind farm raramente vengono costruite su territori “naturali”, che siano sfuggiti a qualsivoglia modificazione da parte di uomini e donne. La Macchia Mediterranea, ad esempio, è il risultato di secoli di coltivazioni con piante ed alberi persistenti. Questa formazione vegetale mette al riparto dal rischio di incendi particolarmente preoccupante nelle zone caldo-aride, dove appunto la Macchia Mediterranea ha allignato.

Gli impianti eolici potrebbero allora essere ripensati secondo questa prospettiva, le wind farm si aggiungerebbero quindi alle modificazioni dello spazio che la tecnologia ha sempre perseguito per gli interessi umani. Moderni ed innovativi skyline verrebbero disegnati in luoghi che, solo all’apparenza, sembrano essere immutabili;  scenari persistenti nel tempo, ma nei quali la mano dell’uomo è sempre stata operosa ed incisiva.