Era il 2003 quando il professore Rob Hopking (il sito) propose un’esercitazione ai suoi studenti di Kinsale su come organizzare una città del futuro.
Proprio un suo studente Louise Rooney ampliò, successivamente, il suo progetto presentandolo a Kinsale TownConcil che lo adottò.
Parliamo della prima idea di città di transizione (transition town): una sfida all’utilizzo del petrolio che col tempo scarseggerà sempre di più e agli effetti del riscaldamento globale, con l’obiettivo di ricondurre i modelli sociali di sfruttamento delle risorse ad una dimensione consapevole e rispettosa dei limiti biologici del pianeta. Questo modello di città propone la strutturazione di una comunità sostenibile e altamente vivibile.
UN PERCORSO FATTO DI CONSAPEVOLEZZA, DI MESSA A SISTEMA DI MOLTI PROGETTI SUI DIVERSI ASPETTI DELLA VITA QUOTIDIANA E DELL’IDEA DI POTER GIUNGERE AD UNA AUTONOMIA NON SOLO ENERGETICA.
L’obiettivo perseguito è di sviluppare la “resilienza” delle comunità: la capacità di un sistema di adattarsi e sopravvivere ad eventi esterni, anche di tipo fortemente traumatico.
Il sistema non prevede solo la ricerca di mezzi alternativi al petrolio ma varie misure quali la creazione di gruppi di acquisto solidale, l’installazione di pannelli solari, la creazione di orti condivisi, il riciclaggio di materie di scarto come materia prima per altre filiere produttive, o semplicemente la riparazione di vecchi oggetti non più funzionanti in luogo della loro dismissione.
Un esempio esplicativo e caratteristico di questi modelli è l’utilizzo della “permacultura” (www.permacultura.it),una pratica integrata di progettazione e conservazione consapevole ed etica di ecosistemi produttivi.
Le mosse necessarie a creare una “città di transizione” sono descritte operativamente sul sito www.transitionnetwork.org in 12 “passi” (o qui in breve), riconducibili, sostanzialmente, alla diffusione delle informazioni necessarie ad una generale presa di coscienza, al collegamento con le realtà pubbliche e private pre-esistenti e alla formazione di gruppi specifici che curino i diversi aspetti necessari, scientifici e pratici.
Numerosi sono ormai gli esempi soprattutto in Inghilterra, Irlanda, Nuova Zelanda e Australia, ma ne abbiamo alcuni esempi anche in Italia, dove le prime città a raccogliere la sfida sono state Monteveglio e San Lazzaro, fino ad arrivare a circa 20 comunità italiane che si stanno impegnando nel percorso di transizione.
Per maggiori informazioni vi rinviamo alla pagina web http://transitionitalia.wordpress.com/cose-la-transizione-2/labc-della-transizione/ e al sito TransitionItalia
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