L’italia: una terra che trema

Il terremoto che ha colpito duramente in questi giorni l’Emilia Romagna ha portato ancora una volta alla ribalta il problema della riduzione del rischio sismico nel nostro Paese.
Inoltre la Pianura Padana da sempre considerata un luogo non sismico, ha prodotto invece una violenta scia di terremoti, dal 20 maggio ad oggi.  Geologi e sismologi, spesso ed erroneamente, hanno ritenuto che la  piattezza del territorio emiliano indicasse la sua incapacità di generare terremoti, e vista da molti semplicemente come un territorio utile per l’agricoltura e l’industria. Ma la drammaticità del terremoto del 20 maggio ha invece dimostrato il contrario.
Il terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna, sebbene caratterizzato da un’ intensità sismica paragonabile a quella di altri drammatici episodi verificatesi in Italia nei decenni precedenti, ha due aspetti che l’hanno reso particolarmente distruttivo: la vicinanza dell’epicentro alle cittadine e le forti amplificazioni locali che si sono registrate in funzione delle diverse caratteristiche geomorfologiche dei terreni, con liquefazione delle sabbie, un fenomeno che converte il sottosuolo costituito da sabbia e pervaso da acqua, in fango che emerge in superficie creando dei vuoti nel terreno.


Le sabbie solide diventano liquide, quasi come sabbie mobili, e spingono verso la superficie. Si crea nel sottosuolo un canale che porta il fango ad eruttare, quasi come fosse un vulcano, ma più fango arriva in superficie, più si amplia il vuoto nel sottosuolo. Un vuoto che una volta riconsolidato non può essere colmato. Il sottosuolo allora non è più in grado di reggere il peso delle costruzioni, e le case e gli edifici cominciano a sprofondare nella cavità sotterranea che si è creata. Un fenomeno che in Emilia Romagna non era atteso nè si era mai verificato prima.

C’è da aspettarsi che questo terremoto darà l’impulso ad una nuova stagione di studi e ricerca scientifica su questa importante porzione del nostro territorio.
Questo inoltre, ci induce ancor più a pensare  che la cosa più prudente da fare e iniziare a costruire in maniera antisisismica su tutto il territorio, adeguando anche gli edifici più antichi.

Per grandi linee possiamo però capire  la storia della sismica e cosa di solito determina il crollo di un edificio e a cosa bisogna porre attenzione.
Le Normative:
L’analisi dell’evoluzione delle normative in materia di costruzioni in zona simica evidenzia una forte relazione causa-effetto con i principali e più catastrofici eventi sismici, sia in Italia che nel resto del mondo.
Alcuni esempi:
•    Istruzioni per la ricostruzione di Reggio 20 Marzo 1784 – (terremoto di Reggio Calabria Febbraio 1783)
•    Legge n.1985 del 5 Marzo 1884 – (terremoto di Ischia 28 Luglio 1883)
•    Regio Decreto del 18 Aprile 1909 – (terremoto di Messina 28 Dicembre 1908)
•    Decreto Ministeriale del 2 Luglio 1981 – (terremoto dell’Irpinia 1980)
•    Delibera Regionale del 14 Settembre 1998 -(terremoto di Umbria e Marche 26 Settembre 1997)
•    Ordinanza Protezione Civile n.3274 20 Marzo 2003 – (terremoto del Molise 31 Ottobre 2002)
Fino al recente terremoto dell’Aquila nell’Aprile 2009  che delineato la necessità di promulgare delle nuove normative antisismiche per la costruzione degli edifici. In realtà la costruzione di una casa era già regolata da leggi formulate a partire dagli anni ’70, e dal D.M. 14/01/2008 che diventa legge dello Stato il 1° luglio 2009: con essa entrano in vigore le nuove norme tecniche per le costruzioni.
Le recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC08), sono impostate secondo i principi del Performance Based Seismic Design.
Gli aspetti chiave sono:
•    la definizione di Multi-Livelli di Prestazione: vengono definiti diversi livelli di prestazione strutturali da assumere come riferimento per la progettazione sismica;
•    la definizione di Multi-Livelli di Intensità Sismica: vengono definiti livelli di intensità sismica associati ad una determinata probabilità di superamento ed in funzione di un arco temporale di riferimento per la vita della costruzione.
Insieme concorrono a definire gli obiettivi di progetto.

Le cause principali dei crolli:

  •   Nell’ambito degli edifici in muratura, tali costruzioni riportato  quasi sempre danni maggiori perché, di solito, più antiche e realizzate con materiali poveri e tecniche costruttive scadenti, quali ad esempio gli edifici realizzati con murature a sacco, di pietra irregolare e riempimento in materiale incoerente. Frequenti sono gli episodi di ribaltamento dei pannelli murari, causato dal cattivo ammorsamento dei cantonali d’angolo, ed il collasso di solai interni e delle coperture conseguente alla perdita d’appoggio delle travi portanti dovute alle deformazioni fuori piano delle murature.
  • Nel caso delle costruzioni in cemento armato i danneggiamenti che si riscontrano di solito sono, principalmente, imputabili alla cattiva qualità dei conglomerati cementizi, all’inadeguata progettazione dei dettagli costruttivi, e alla presenza di forti irregolarità in pianta ed in elevazione.
  • Nel caso delle costruzioni in acciao che hanno sempre dimostrato di offrire prestazioni di gran lunga superiori rispetto alle altre tipologie costruttive, in Emilia Romagna, ma non solo (anche a l’Aquila) sono collassate in numero cospicuo, questo purtroppo deve essere imputato alla mancanza anche in ambito normativo, di regole specifiche per la progettazione e l’adeguamento sismico degli impianti industriali con le relative strutture speciali.

Le regole principali:
La prima cosa da fare, prima di costruire una casa e, addirittura prima di progettarla è la valutazione del rischio sismico. Questa analisi si effettua in considerazione delle caratteristiche topografiche dell’area. In Italia esiste una classificazione del rischio sismico che identifica quattro diversi gradi di pericolosità, dall’1, il più elevato, si scende fino al 4. E che sicuramente dovrà essere aggiornata dati gli ultimi eventi accaduti.
La costruzione di edifici antisimici, nelle zone con rischio sismico 1, 2 e 3 risulta essere obbligatoria.
Ma cosa vuol dire costruire in maniera antisismica? Significa costruire rispettando delle determinate regole che evitino crolli, dissesti e perdite di equilibrio, utilizzando degli appositi materiali con adeguate quantità e rispettando delle regole che riguardano la fase di progettazione.
In generale, come ci spiega in maniera esauriente il Prof.Ing. R.Landolfo della Federico II di Napoli, per fronteggiare l’azione indotta dal sisma, esistono due opzioni progettuali fondamentali.
La prima consiste nel realizzare strutture che reagiscono “per massa”, ossia caratterizzate da membrature molto resistenti le quali, anche quando sollecitate da terremoti di forte intensità risultano essere soggette ad un regime di sforzi di tipo elastico. Tale comportamento richiede che la deformazione elastica accumulata venga restituita integralmente senza lasciare tracce di deformazioni residue. A tal fine è necessario conferire alla struttura anche un’elevata rigidezza e, in linea di massima, ciò comporta un sovradimensionamento delle strutture che produce, nella maggior parte dei casi, soluzioni antieconomiche.
In alternativa, è possibile realizzare strutture che, attraverso la deformazione plastica controllata ed affidabile di alcune zone specifiche, riescono a dissipare parte dell’energia simica in ingresso assumendo un comportamento globale “duttile”. Strutture di tale tipo, dette “dissipative”, consentono l’utilizzo di membrature più leggere, in favore dell’economia generale del progetto. Inoltre, la possibilità di dissipare parte dell’energia sismica in ingresso consente di considerare forze di progetto ridotte anche per le fondazioni, rispetto al caso di strutture non dissipative, con una ulteriore riduzione dei costi di costruzione.
Il conferimento poi di un comportamento globale di tipo duttile garantisce, infine, un maggiore margine di sicurezza nel caso in cui l’azione sismica risultasse essere più alta del previsto. Infatti, grazie alla maggiore capacità di deformazione ed al comportamento duttile, le strutture dissipative sono in grado di sfruttare appieno le riserve in campo plastico a fronte di una domanda di sollecitazione più elevata.
Di contro, le strutture non dissipative, a fronte di una forzante più intensa, non potrebbero offrire una resistenza maggiore di quella limite elastica.
La realizzazione di strutture dissipative rappresenta, dunque, il modo migliore per resistere all’evento sismico.

I materiali :
Per costruire un edificio, che risponda a criteri antisismici, bisogna utilizzare il calcestruzzo armato o precompresso, ossia cemento contenente delle barre di acciaio, le quali devono avere un diametro minimo di 5 mm. La classe di resistenza del cemento dovrà essere valutata in base al grado di sismicità relativo alla zona in cui sorgerà l’edificio. I chiodi, i bulloni e i materiali per la saldatura, devono essere marcati CE e rispettare le norme europee UNI EN ISO. È la legge che stabilisce quanto acciao ci deve essere rispetto al cemento.

Con questa rapida descrizione, che non vuole avere la presunzione di aver trovato le risposte (che lasciamo a persone più competenti), abbiamo voluto solo fornire spunti e riflessioni in merito.

LA REDAZIONE DI ECONOTE MANIFESTA IL PROPRIO CORDOGLIO A TUTTI I FAMILIARI DELLE VITTIME DEL TERROMOTO IN EMILIA-ROMAGNA.