La Politica Comune della Pesca: metafora dell’Europa

In Consiglio dell’Unione europea  c’è stato un accordo che ha fatto infuriare le associazioni ambientaliste, che parlano di scandalo e di irresponsabilità dei Governi nelle trattative.

Le decisioni prese, secondo le associazioni (tra cui Greenpeace) farebbe ritornare di dieci anni indietro gli obiettivi di sostenibilità della politica comune di pesca.

I pescherecci catturano quantità di pesce maggiori di quelle che possono essere sostituite con la riproduzione, esaurendo i singoli stock ittici e mettendo a repentaglio l’intero ecosistema marino europeo. Attualmente, tre stock su quattro sono soggetti a uno sfruttamento eccessivo: l’82% degli stock del Mediterraneo e il 63% degli stock dell’Atlantico. 

Riportando gli stock ittici a livelli sostenibili, la politica comune della pesca (PCP) vuole garantire a lungo termine ai cittadini dell’UE un approvvigionamento alimentare stabile, sicuro e sano.

La politica europea della pesca ha urgente bisogno di riforma. I nostri pescherecci realizzano volumi di catture superiori alle possibilità di ripro­duzione sicura della popolazione ittica, esaurendo in tal modo i singoli stock e ponendo a rischio l’ecosistema marino. 

Il deputato Guido Milana di Socialisti e Democratici (che ha da poco presentato una petizione sull’arrivo dei tonni radioattivi nel mare mediterraneo) in questi giorni ha rilasciato un intervista al programma “Una Settimana in Parlamento” (EPtv), nella quale ha attaccato aspramente il comportamento del Consiglio, che stando alle sue parole addirittura ci “farebbe perdere 20 anni”.

Nell’intervista emerge la critica di Milana, Vicepresidente della Commissione Pesca (PESC)  che alla domanda “cos’è sucesso al Consiglio, tutto sotto controllo? Era la Commissione ad andare troppo oltre o i Governi sono troppo timidi?” risponde “Non bisogna allarmarsi, Il Consiglio ha fatto il suo mestiere, ha fatto ciò che fa sempre: sbaglia. Cerca di mediare sulle proposte della Commissione facendo prevalere gli interessi dei singoli Stati (mancanza di coesione). La Pesca, come tanti settori, ha bisogno di una politica comune che non può essere la mediazione tra gli Stati ma deve essere un idea una genialità nuova e totalmente europea.”

Dall’intervista, a tratti un vero botta e risposta, emergono anche altre verità come il fatto che il pesce nei nostri mari è sempre più raro, affermando che in un orizzonte che va da oggi a 20 anni è molto più in pericolo la pescosità dei nostri mari anziché l’Euro: come dire, per rimanere in tema, dalla padella alla brace.