Cucinare con il sole: liberazione dalla schiavitù del fuoco

«La nostra missione è sfruttare il sole per il bene delle persone e dell’ambiente» – afferma Jim Moose membro del Consiglio di Amministrazione della Solar Cookers International (SCI), associazione con sede a Sacramento, California.

La SCI, che ha festeggiato in questi giorni il suo venticinquesimo anniversario, sostiene l’impiego di dispositivi solari nel Sud del Mondo come risposta a quella che gli esperti definiscono “crisi della legna” (scarsità di legna che rende sempre più difficoltoso e dispendioso il suo ottenimento e che causa disboscamento e desertificazione). La cucina solare promossa da SCI ha molteplici benefici.

In primo luogo sanitari. I forni solari, infatti, possono pastorizzare l’acqua e renderla potabile e evitare così che i germi in essa contenuti causino diarrea e malattie mortali per i bambini. Sono inoltre utili laddove i fuochi a legna carbone nelle piccole abitazioni di fango, prive di una vera e propria ventilazione, causano danni ai polmoni e malattie respiratorie causati dall’inquinamento dell’aria interna.

La cucina solare ha anche evidenti vantaggi ambientali. Riduce la domanda di legna da ardere e di carbone, la cui necessità ha contribuito al disboscamento con enormi perdite di aree boschive e inaridimento del suolo. La combustione di legna e carbone, inoltre, produce emissioni di gas serra evitate con la cucina solare.

La cucina solare, infine, è sostenibile anche dal punto di vista sociale. Non dover percorrere chilometri per raccogliere legna da ardere permette alle donne un risparmio di tempo, la possibilità di dedicarsi ad altre attività e un migliormento generale delle condizioni di vita.

A Sarh, in Ciad il gesuita Pietro Rusconi ha realizzato un centinaio di cucine solari dando allo stesso tempo lavoro a giovani locali e liberando le donne da quella che Rusconi stesso definisce la “schiavitù del fuoco”. «Le donne – spiega Rusconi – ammortizzano in un mese la spesa della cucina con il risparmio sulla legna che avrebbero dovuto comprare. La qualità della vita migliora da quel momento in poi».

 

Solar Cookers promuove la cottura solare anche all’interno di campi profughi. Nel campo di Kakuma, in una zona semidesertica del nord del Kenya, ad esempio, sono state introdotte cucine solari ed è stato svolto un corso di formazione per 3.100 famiglie presenti.

Dagli Stati Uniti torniamo in Italia dove due associazioni di Trezzano sul Naviglio (MI), Oltre il Confine che opera nel campo del commercio equo e solidale e Salvambiente impegnata nel campo dell’ecologia, portano avanti progetti simili a quelli della SCI.

«Le due associazioni non hanno un proprio progetto, ma collaborano con molte altre associazioni e ONG interessate all’idea e già operanti in Africa – spiega Mercedes Mas Solè volontaria di Oltre il Confine. Il continente africano è pieno di rottami europei. Non vogliamo calare dall’alto i nostri progetti, ma vogliamo appoggiarci a realtà già esistenti e operanti sul territorio in modo da consentire un’acqusizione ottimale di questa metodologia di cottura sostenibile».


Nel marzo 2003 le associazioni avviarono una raccolta fondi in collaborazione con la Scuola Media Franceschi di Trezzano, con cui furono acquistate tre cucine solari inviate in una scuola del Kerala (India). Grazie ad una coppia che inserì il progetto nella sua lista di nozze arrivarono i finanziamenti per altre dieci cucine. Tra giugno e dicembre 2003 fu così possibile inviare cucine solari in altri dieci paesi appoggiandosi a progetti di cooperazione allo sviluppo già in atto: Nicaragua, Cuba, Benin, Eritrea, Centrafrica, Madagascar, Mozambico, Ciad, Tanzania, India, Niger e Burkina Faso.

Si stima che ad oggi siano state distribuite oltre 20mila cucine in circa 80 paesi di tutto il mondo; inoltre sono stati avviati diversi programmi formativi per insegnare a costruirle localmente e diminuire in questo modo la dipendenza verso il Nord del Mondo.

Le cucine solari maggiormente utilizzate in questi progetti sono quelle paraboliche, che con la loro pentola nera, raggiungono i 200 gradi e permettono di cucinare dalla mattina alla sera (riorientando la parabola) e anche durante brevi periodi di insolazione (fra le piogge). Hanno una tecnologia molto semplice, montaggio, manutenzione e trasporto sono facili e accessibili (il peso massimo è 12 kg). Con le cucine solari si può bollire, friggere e infornare quasi come nella cucina di legna.

Far ricorso alle energie rinnovabili e in particolare all’energia solare, che è pulita, facilmente accessibile e praticamente a costo zero potrebbe essere in parte la soluzione a problemi ambientali e sociali in molte aree del pianeta.

 

La cucina che si serve del sole può dare una svolta non solo ambientale, ma anche antropologica. Mette infatti in discussione valori di genere, compiti e ruoli femminili.

Questo è quanto succede in Africa. Ma in Europa e in Italia? Perché non abbracciare anche da noi questa modalità di cottura? Le due associazioni di Trezzano ad esempio offrono in prestito ad altre associazioni forni solari per fiere, sagre, feste.

La prossima settimana, grazie ad un decalogo e a testimonianze dirette, cercheremo di indagare cosa succede entro i nostri confini.