L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che “la donna deve avere la possibilità di partorire in un luogo che sente sicuro, in cui sia possibile fornire assistenza appropriata e sicurezza. Per donne con gravidanze a basso rischio, tali luoghi posso essere la casa, le case maternità, gli ospedali” (Care in Normal Birth: a Practical Guide, Report of a technical Working Group, WHO Publication no. WHO/FRH/MSM/96.24, Geneva).
Il Parlamento Europeo, con la risoluzione A2 – 38/88 (Carta Europea dei diritti della partoriente), considera tra i diritti della partoriente che sia assicurata “l’assistenza adeguata qualora venga scelto il parto a domicilio, compatibilmente con le condizioni psicofisiche della partoriente e del nascituro e con le condizioni ambientali”.
Partorire in casa non significa tornare indietro ai tempi delle nostre nonne. Allora non c’erano molte alternative e si partoriva affiancate dalle donne della famiglia, al massimo da una levatrice. L’assistenza in casa o in casa maternità oggi, è legata, invece, alla visione del parto come evento naturale, non medicalizzato. Una visione di cui le donne stanno cercando di riapproriarsi.
Ma, mentre in alcune nazioni europee questa pratica è molto diffusa, in Italia, dove il parto è molto medicalizzato e si ricorre spesso ingiustificatamente al taglio cesareo, è una possibilità poco intrapresa e poco conosciuta. La percentuale di parti a domicilio in Italia si attesta, infatti, intorno allo 0,4%, nel resto d’Europa è mediamente del 2%, mentre nel Nord Europa le percentuali salgono fino al 14%, per raggiungere il 32% in Olanda.
Anche in Italia la nomativa vigente a livello regionale, prevede però il parto domiciliare regolamentandone gli aspetti burocratici e prevedendo anche un rimborso.
Esistono, infatti, riconoscimenti normativi del parto extraospedaliero come legittima scelta avente diritto ad assistenza gratuita. È rimborsato dal servizio sanitario nazionale in Emilia Romagna (L.R. 26/1998), Marche (L.R. 22/1998), Piemonte (DGR 80-5989 del 7/5/2002), Lazio (L.R. 29/2011), Province autonome di Trento e Bolzano (Delibera n° 10565 del 26/9/1997); inoltre altre regioni prevedono già un riconoscimento normativo e sociale con l’obiettivo di favorire la libertà da parte della donna nella scelta del luogo e della modalità del parto: Lombardia (L.R. 16/1987), Toscana (Delibera n. 41 del 17/02/1999), Abruzzo (L.R. 35/1990), Liguria (L. R. 24/1995), Valle d’Aosta (L.R. 44/1998), Sicilia (Decreto del 19/11/2010 relativo alle case maternità).
Nel nostro Paese, chi vuole partorire in casa può rivolgersi ad associazioni come l’Associazione Nazionale Culturale Ostetriche Parto a Domicilio e a diversi punti nascita. Esistono anche quattro case maternità, tre in Lombardia e una in Emilia. Le case maternità sono strutture adiacenti all’ospedale, governate dal personale ostetrico, che riproducono l’intimità degli spazi domestici e dove il bambino, una volta nato, può essere tenuto a lungo appoggiato al ventre materno e i genitori possono provvedere insieme alle prime cure.
È importante sottolineare il parto in casa non deve essere improvvisato, ma deve svilupparsi e costruirsi durante i nove mesi che precedono la nascita del bimbo: la donna deve essere seguita da un’ostetrica professionista che si occupa dell’assistenza alla gravidanza, al parto spontaneo e all’allattamento. Non tutte le donne possono, infatti, partorire a casa con tranquillità, ma solo quelle definite “a basso rischio”.

Con questo articolo abbiamo voluto presentare una realtà poco diffusa. Le donne hanno il diritto di scegliere come partorire e il dovere di informarsi. Il tema è molto ampio e non può essere esaurito in poche righe.
Per questo chiediamo a voi, cari lettori, di condividere esperienze e riflessioni.
Avete partorito in casa? Quali difficoltà avete riscontrato? Quali sono stati i costi? Volevate partorire in casa, invece non vi è stato possibile?
LINK ALLE CASE MATERNITA’ PRESENTI IN ITALIA:
http://www.casamaternitamontallegro.it/
http://www.maternitalaquercia.it/
Leave a Comment