Se l’acqua è un bene comune, perchè la compri?

Dal testo “il bene comune della Terra”, di Vandana Shiva:

VAND
Vandana Shiva

Concepire il pianeta come una grande comunità e come un bene comune inalienabile a tutte le forme di vita che lo popolano significa porre in correlazione il particolare e l’universale, le diversità specifiche e gli aspetti comuni, le dimensioni del locale e del globale, richiamandosi a quella che in India viene descritta come vasudhaiva kutumbkham, la “famiglia terrestre”, l’insieme di tutti gli esseri viventi che traggono sostentamento dal nostro pianeta.

I nativi americani, al pari di tutte le culture indigene del mondo, concepivano la vita come un conti nuum che vincola le sorti dell’essere umano a quelle di tutte le altre specie, attraverso un  condizionamento reciproco che coinvolge tutte le generazioni passate, presenti e future. Il discorso che capo Seattle, della tribù dei Suquamish, pronunciò nel 1848 evoca bene tale continuità del vivente:

 Come si può pensare di vendere o di acquistare il cielo, o il calore della terra? Quest’idea è davvero strana per noi. Se la brezza dell’aria e la luminosità dell’acqua non ci appartengono, come potete pensare di comprarle da noi? Anche la più piccola parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago di pino lucente, ogni riva sabbiosa, la bruma che si diffonde nell’oscurità dei boschi, ogni insetto che ronza sereno è santo nella memoria e nell’esperienza di vita della mia gente. La linfa che scorre negli alberi porta con sé i ricordi dell’uomo rosso.

Questo sappiamo: la terra non appartiene all’uomo; è l’uomo che appartiene alla terra. Questo sappiamo. Ogni cosa è correlata come il sangue che unisce la nostra famiglia. Ogni cosa è correlata.

L´acqua é un bene comune. Allora perché appropriarsene per venderla? Allora perché alimentare questo mercato comprandola?

Abbiamo intervistato Alessandro Mortarino, coordinatore della Rete delle 67 organizzazioniacqua_non_si_vende che compongono il Comitato Astigiano a favore delle Acque Pubbliche; Comitato referente locale del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua che è il grande soggetto sociale che ha promosso nel 2007 la Proposta di Legge Popolare (mai accolta dal Parlamento nonostante oltre 400.000 firme depositate !) per la ri-pubblicizzazione degli acquedotti italiani e nel 2011 il vittorioso doppio referendum specifico per la salvaguardia della gestione pubblica.

 Acqua in bottiglia e acqua del rubinetto: quali le differenze secondo chi si occupa di acqua pubblica?

La legge indica come acqua minerale quella che proviene da riserve d’acqua sotterranee, naturali e protette da contaminazioni e risulta batteriologicamente pura. Un tempo l’acqua minerale veniva venduta in farmacia in quanto ogni acqua aveva una sua serie di caratteristiche terapeutiche: i minerali contenuti agivano cioè per particolari diete e a scopo preventivo o curativo.

Oggi la moda (e il marketing …) ci hanno passato il messaggio che occorre bere tanta acqua e solo quell’acqua che … “fa fare plin plin” o è “ricca di …” oppure “povera di sodio …”. Un corpo sano non ha bisogno di acque particolari e personalmente direi che se voglio bermi un buon bicchiere di quell’ acqua di marca posso farlo ogni tanto, come faccio con il Barolo o il Barbaresco (una bottiglia all’anno … ! Ogni giorno è sufficiente il vino da tavola giovane e a bassa gradazione).

La vera differenza tra acqua del rubinetto e acqua in bottiglia è che la prima è trattata (con cloro e derivati), la seconda no. Ma anche la seconda è un’ acqua “energeticamente” morta, nel senso che l’acqua della fonte, una volta imbottigliata, perde la maggior parte del suo contenuto energetico originario. E trascorre periodi prolungati in magazzini o camion, alla luce solare e a quella artificiale, dentro bottiglie di pet che in particolari condizioni possono rilasciare sostanze inopportune. Questo, sommariamente, dal punto di vista qualitativo.

Ci sono poi altri elementi importanti che fanno pendere il piatto della bilancia verso l’acqua del rubinetto: l’impatto ambientale legato all’utilizzo di plastiche e al loro non sempre certo riciclo, il trasporto e relativo consumo di carburante, inquinamento ecc., il costo: secondo un nostro sondaggio, una famiglia astigiana media (4 persone) spende circa 500 euro l’anno in acque minerali. Lo stesso quantitativo di acqua “del Sindaco” costerebbe circa 4 euro l’anno (senza considerare gli sforzi per trasportare, in auto o a piedi, le casse d’acque dal supermercato/negozio fino a casa).

Per approfondire qui il link al forum nazionale sull’acqua come bene comune, e qui, per i lettori astigiani il sito AltritAsti, “Informazione & Formazione della provincia di Asti per un altro mondo possibile”

Noi vi lasciamo con una riflessione:

da cosa nasce cosí tanta diffidenza nei confronti dell´acqua del rubinetto?

Nasce dal consumismo su cui si basa la nostra vita, che ci ha abituati a considerare nostro solo ció che compriamo;

nasce dai nostri palati viziati dagli aromi, che suppongono di qualitá migliore un’ acqua dal sapore meno “duro”, durezza data da naturali oligoelemti affatto dannosi;

nasce dall´idea che solo ció che é confezionato sia sicuro;

nasce dalla mancata informazione sulle attivitá degli acquedotti e delle Asl, periodicamente impegnate in controlli sulla qualitá delle acque destinate al consumo umano.

Per il territorio astigiano (ma ciascun Comune mette in rete questi dati): qui copertura in termini di utenti, dimensione della rete idrica, consumi, qui controlli, analisi e risultati, aggiornati e pubblici.

Buona informazione