Brindisi: un passeggino rosso contro la centrale a carbone

Una carrozzina di fronte ad una ciminiera da cui esce un fumo nero. Questa immagine agghiacciante contiene tutto il senso della battaglia del movimento delle donne di Brindisi “Passeggino Rosso”: richiamare l’attenzione sui gravi problemi di salute che colpiscono i bambini brindisini e la loro relazione con le emissioni inquinanti della centrale a carbone Enel, “Federico II”.

Quando e perché vi siete costituite?

Il nostro gruppo è nato circa due anni fa dall’esigenza di alcune madri, ma più in generale di alcune donne di Brindisi, di trovarsi, informarsi, confrontarsi ed organizzarsi di fronte agli evidenti forti legami tra l’inquinamento ambientale di cui la nostra terra è vittima e la salute dei nostri bambini. Abbiamo mosso i primi passi all’interno del movimento “No al Carbone” dove abbiamo iniziato le nostre attività di divulgazione ed informazione attraverso la “Campagna Passeggino Rosso”, organizzando un convegno con medici e pediatri e la campagna fotografica “Io ci metto la faccia”.

Perché avete scelto un passeggino rosso come simbolo?

Il motore del nostro gruppo sono i bambini e la loro salute. Per loro è nato il nostro movimento, per loro lottiamo ogni giorno. I nostri bambini costretti a vivere in zone in cui troppo spesso vengono violati gli standard nazionali di qualità dell’aria, respirano inquinanti come particolati, biossido di zolfo, arsenico, mercurio e altri metalli pesanti. Noi reclamiamo il diritto dei nostri bambini a respirare aria pulita, vivere in un ambiente non tossico, nutrendosi di cibi non contaminati.

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Quali sono i principali danni ambientali e alla salute?

Brindisi è stato dichiarato Sito di Interesse Nazionale con Decreto del Ministero dell’Ambiente nel 2000. L’area interessata è di circa 145 kmq con 5800 ettari di terra e 5600 ettari di mare: un territorio immenso, in relazione alla grandezza totale di Brindisi. Le indagini hanno evidenziato una contaminazione generalizzata della falda freatica dovuta a IPA, idrocarburi, metalli pesanti quali arsenico, mercurio, piombo, sostanze inorganiche come nitriti, floruri.

Quali conseguenze ha questo inquinamento sui vostri figli?

I casi di tumori infantili, leucemie e linfomi sono in forte aumento a Brindisi, ma lo sono anche malattie meno gravi, ma ugualmente invalidanti come asma, allergie alimentari e respiratorie, più che raddoppiate negli ultimi venti anni (approssimativamente il 3-6% per cento dei nostri bambini hanno l’asma). Sono in preoccupante aumento anche i disturbi neurologici, con ritardo nel linguaggio, disturbi dell’attenzione, iperattività e dislessia, messi in correlazione da diversi studi statistici, con la presenza di mercurio, una potente neurotossina, nell’ambiente prodotta dalla combustione del carbone.

I nostri bambini insomma si stanno ammalando e questo è strettamente collegato con la situazione di inquinamento in cui vengono procreati, in cui nascono e vivono. Ce lo dicono gli studi che ultimamente sono stati pubblicati e che fotografano una realtà disastrosa, con la presenza di malformazioni congenite che superano del 17% la media europea – del 49% se consideriamo le malformazioni congenite cardiache, ma ce lo dice anche la nostra esperienza diretta. Nel nostro gruppo, ognuna di noi, conosce direttamente la sofferenza della malattia, per averla sperimentata nella propria famiglia, in quella dei propri amici, vicini di casa, conoscenti.

Siete in contatto con realtà simili?

Il nostro movimento è nato ispirandosi al gruppo americano Mom Clean Ait Force, un gruppo di madri americane che ha lottato con enorme successo negli Stati Uniti chiedendo e ottenendo la chiusura di moltissime centrali a carbone fortemente inquinanti e riuscendo ad ottenere un abbassamento dei livelli di emissioni consentiti alle industrie energetiche. Ma il nostro esempio sono state e sono le Donne di Taranto, grandi combattenti contro l’Ilva, con cui condividiamo quasi quotidianamente esperienze e risultati. Nostro desiderio comunque è costituire una reta di solidarietà tra i vari gruppi che si battono in tutta Italia per gli stessi obiettivi, anche con strategie e modalità differenti. Solo uniti potremo veramente fare la differenza.

Nella vostra battaglia in che modo vi confrontate con gli operai? Vi trovate di fronte ad un “ricatto lavorativo” (lavorare alla centrale è dannoso per la salute, ma se non si lavora lì si è disoccupati e impossibilitati a mantenere le famiglie)?

Brindisi è una città che vive oggi una profonda contraddizione: nonostante sia un territorio fortemente industrializzato, con la presenza di quello che è probabilmente il più grande polo chimico energetico d’Europa, presenta allo stesso tempo un pauroso tasso di disoccupazione e di emigrazione giovanile. Questo modello di sviluppo quindi ha portato solo distruzione, producendo danni ambientali e alla salute senza risolvere il problema del lavoro, minando anche la possibilità di uno sviluppo turistico, visto che il nostro porto è praticamente asservito al carbone. La nostra vicinanza agli operai, che spesso sono nostri mariti, fratelli, figli, è ovviamente totale, ma abbiamo fortissima la consapevolezza che gli scempi del passato non si possono ripetere e che a Brindisi occorrono investimenti per smantellare gli impianti dismessi e cominciare l’era delle bonifiche. E’ questo il tipo di lavoro che vogliamo: bonificare, non inquinare ulteriormente!

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Che tipo di economia e sviluppo avete in mente per Brindisi senza la centrale a carbone?

Occorre pensare ad un nuovo modello di sviluppo per Brindisi in grado di trasformare la nostra città partendo dalle nostre risorse, i giovani in primo luogo, spesso costretti ad emigrare, il porto, il turismo, l’agricoltura, la nostra cultura. Perché questo si realizzi occorre necessariamente porre fine della fase del carbone a Brindisi.

Pensate che movimenti come il vostro possano aiutare a combattere l’inquinamento che mina la salute pubblica?

Crediamo che le madri, e più in generale le donne, dotate di una particolare sensibilità per la tutela della salute di figli, nipoti e delle future generazioni, possano svolgere un ruolo importante nel promuovere iniziative di stimolo rivolte alle autorità politico-amministrative e della stessa comunità scientifica. Speriamo di riuscire ad essere lelemento propulsore della nascita di una nuova rete tra donne, cittadini, e medici che vogliano unirsi a tutela della salute dei bambini, perché l’unione – lo sanno tutti – fa la forza e i nostri figli di questa forza hanno oggi assolutamente bisogno!

Sulla vicenda di Brindisi è dedicato “Il giorno che verrà”, un documentario di Simone Salvemini, ideatore e il direttore artistico del Brindisi International Film Festival e marito di una delle donne di Passeggino Rosso. Il film sarà presentato domani, 4 giugno, a Cinemambiente.

Una pellicola che ripercorre le vicende di quattro personaggi differenti, ma accomunati dall’appartenenza al movimento “No al carbone”, per raccontare la vita e la realta? di una delle zone industriali piu? inquinate d’Europa.