I 600 alberi di Gezi Park e la voglia di democrazia dei giovani Turchi

“La battaglia d’Istanbul in difesa di seicento alberi, novecento arresti, mille feriti, quattro accecati per sempre, la battaglia d’ Istanbul  è per gli innamorati a passeggio sui viali, per i pensionati, per i cani,
per le radici, la linfa, i nidi sui rami, per l’ ombra d’estate e le tovaglie stese coi cestini e i bambini,
la battaglia d’ Istanbul è per allargare il respiro e per la custodia del sorriso”.

Con queste poche righe lo scrittore Erri De Luca ha descritto ciò che sta accadendo in Turchia. Ha espresso i fatti, emozionando come solo lui sa fare. Questa poesia è comparsa sulla pagina Facebook di Erri De Luca solo ieri e, da allora, la protesta si è mossa. Una protesta pacifica che ha spostato la folla da Gezy Park a Piazza Taksim, dove sono arrivati in migliaia e la tensione è altissima. Il bollettino di guerra si è, purtroppo, arricchito, dopo il quarto giorno di manifestazioni con circa 500 feriti e un morto cerebrale.

fonte: http://occupygezipics.tumblr.com/
fonte: http://occupygezipics.tumblr.com/

La protesta degli alberi si è velocemente trasformata in protesta politica, per manifestare contro un governo e il suo primo ministro Erdogan, accusati di essere sempre più autoritari e di approvare leggi basate su dettami religiosi, rispetto a un Paese che si è laicizzato. Qualcuno penserà che gli alberi di Gezy Park siano solo una scusa per protestare contro una causa governativa, ma il nesso tra quello che rappresentano quei 600 alberi e la voglia di avere un paese moderno è forte.

È qui che mi ricollego alle parole di Erri De Luca. Il passeggio degli innamorati lungo i viali, le famiglie  distese all’ombra per un picnic e quella voglia di allargare il respiro e custodire un sorriso sono il segno di quanto i Turchi vogliano avanzare, crescere e vivere in un paese democratico e sviluppato.

È forte, infatti, la dicotomia da quello che dichiara il governo turco e quello che trapela dai social network, che sono diventati il vero megafono della protesta. Le tv turche restano in mezzo a questo conflitto mediatico senza sbilanciarsi, mentre i social network stanno parlando al mondo per conto del popolo turco che grida la sua mancanza di democrazia e la voglia di cambiamento.

fonte: www.facebook.com/OccupyGezi
fonte: www.facebook.com/OccupyGezi

La principale fonte di informazione è Twitter. Per chi vuole seguire la protesta ci sono i trend topic #OccupyGezy, #direngezipark? e #geziparki . Sono migliaia i tweet che aggregano queste parole chiave, analizzate dal Social Media and Political Participation Laboratory della New York University. Quasi in tempo reale è aggiornato anche Tumblr, con migliaia di foto, che raccontano gli scontri tra civili e forze dell’ordine. Poi c’è l’immancabile Facebook, con una pagina che in pochi giorni è arrivata ad oltre 30mila mi piace.

Secondo gli studiosi sono milioni i Turchi che hanno un account legato ai social network, molti più degli egiziani che hanno raccontato la primavera araba e i fatti di Piazza Tahrir. Oggi, come allora, la portata virale di certi contenuti e certe immagini è potentissima. Il passaparola non conosce fuso orario, località geografica oppure lingua. Il comune denominatore è la voglia di raccontare la verità e far luce su quello che accade.

Sono molti gli intellettuali turchi che stanno lanciando appelli internazionali a sostegno della protesta turca. Tutto il mondo è con i giovani di Gezi che vogliono un paese più democratico e anche più sostenibile dal punto di vista ambientale, perché non c’è sviluppo senza sostenibilità laddove si vuole intedere vero “sostegno alla sopravvivenza del pianeta”, grazie a politiche ecologiche e che facciano vivere gli alberi contro il cemento.