Fare marketing nel 2014: sarà l’anno della sharing economy

Nel 2014 sentiremo parlare molto di sharing economy. Condivisione, baratto, coworking, coabitazione, donazione e noleggio saranno le nostre parole chiave per definire un modello economico, che non è più basato sull’acquisto di un bene. Invece di possedere beni, li avremo solo di passaggio usandoli all’occorrenza.

I numeri parlano chiaro e non solo in Italia. Nel 2012 in USA e UK questo tipo di economia, che potremmo definire collaborativa, ha raggiunto l’1,3% del PIL e il mercato è destinato a crescere del 15% nei prossimi 5 anni. Secondo uno studio di collaborativeconsumption.org, 6 britannici su 10 (pari a 32,5 milioni di utenti) hanno dichiarato di partecipare all’economia della collaborazione. Negli Stati Uniti 1 americano su 2 ha usufruito almeno una volta di un servizio di condivisione.

Anche in Italia il fenomeno si sta prendendo le sue soddisfazioni. Una ricerca condotta dall’Università Cattolica ha rilevato ben 260 piattaforme collaborative presenti in Italia di cui 160 di scambio e condivisione, 40 di autoproduzione (making) e circa 60 di crowding. A questo va aggiunto l’incremento di sensibilità verso una mobilità sostenibile. Solo a Milano i servizi di car sharing hanno superato il migliaio di unità e la sfida è tutta da raccogliere per l’EXPO 2015.

Questo scenario rimette in discussione le strategie di marketing che manager e creativi dovranno adottare per cavalcare la cresta dell’onda. Un’infografica realizzata da Altimeter Group traccia lo schema economico dell’economia di condivisione.

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Quali sono le risorse a cui dovranno fare appello i creativi? Qui ne elenco 5:

  1. Fare leva sul fattore culturale, per spostare l’attenzione sul  valore della condivisione e i benefici legati a questo processo sia di carattere personale (risparmio, socialità) che generale (aiuto l’ambiente, stile di vita sostenibile)
  2. Coinvolgere le istituzioni locali affinchè creino infrastrutture per incentivare lo sharing, soprattutto per il comparto mobilità
  3. Mettere da parte l’approccio globale, perché questo tipo di servizi funziona bene in chiave locale
  4. Mettere in relazione le persone con gli stessi interessi, grazie alle community sfruttando il grande potere del web e dei social media
  5. Fare informazione per far conoscere il funzionamento delle condivisione e garantire la trasparenza di questo modello.

Voi cosa ne pensate. Siete pronti per condividere? Sarà un anno interessante!