Leggere i classici e… decrescere felici!

Nel 1991 esce un libro postumo di Italo Calvino – che aveva lo sguardo rivolto al futuro anche quando si occupava del passato – che si intitola Perché leggere i classici. Senza punto di domanda. Un titolo incisivo, elegante e un po’ perentorio, come era probabilmente il suo autore. Il libro esce postumo e raccoglie una trentina di scritti sull’amore e l’attenzione di Calvino per i cosiddetti classici che lui, a inizio del saggio, definisce e circoscrive in una definizione articolata in ben 14 punti.

Perché allora questo libro si Econote?

Riassumendo, perché i classici rappresentano, a ben pensarci, la quintessenza di un modo di vita antico, e quindi lento, ma proprio per questo più attuale che mai, all’insegna della scoperta del valore inestimabile del tempo e dei valori in sé, se mi si perdona il bisticcio di parole!

Senza nulla togliere alla contemporaneità e ai suoi frutti letterari migliori, ecco che mi piace rileggere alcuni punti di questo saggio illuminante, per farli miei e vostri, e ritrovare quindi il senso della lettura profonda, totalizzante, magica e istruttiva che solo un grande classico della letteratura ci sa regalare.

Quindi, mettetevi comodi, prendete una coperta leggera, toglietevi le scarpe affondando i piedi nell’erba di un bel prato e sentite qua:

  1. (Che per Calvino è il punto 2…) Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli. Parole sante. Che privilegio poter ancora leggere L’idiota o I promessi sposi. Il privilegio di potersi affacciare al mondo per la prima volta con occhi nuovi. Conoscere le proprie fortune, anziché enumerare soltanto le disgrazie, è già un ottimo punto di partenza… ma per dove? Per la felicità, naturalmente.
  2. (che per Calvino è il punto 6…) Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Vero! E questa peculiarità si può applicare a molte altre cose, non solo a un libro. Un panorama naturale, ad esempio. Un buon cibo. Un amico. Qualcosa che diamo per scontato e che invece può ancora dare e dire molto. Come non pensare allora a concetti quali riciclo, riuso e riutilizzo dei materiali?
  3. (che per Calvino è il punto 7…) I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (…). Un classico non è un libro passeggero, di facile consumo. Piuttosto, è una esperienza che ha a che fare con la tradizione ma anche con un approccio al presente più consapevole.
  4. (che per Calvino è il numero 10, ed è il mio punto preferito…) Chiamasi un classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani. E qui c’è davvero poco da aggiungere. Un classico è uno spazio mentale e fisico universale, un luogo sicuro dove rifugiarsi e trovare sicurezze o domande sul senso ultimo delle cose. Insomma, una cosa seria.

Una cosa seria… perché ci sono dei momenti in cui si ha bisogno – sia singolarmente che come società – di qualcuno o qualcosa che ci ricordi le priorità e cosa conta nella vita. Rischiamo di scordarcene, di vedere la lettura solo come intrattenimento usa e getta, invece è molto altro: qualcosa di eterno e insieme fresco e nuovo e fresco, molto simile a una fonte cui dissetarsi quando possibile.

Senza contare l’importanza qualche volta di dilatare il tempo e l’esigenza che ne abbiamo tutti. Nonché il risparmio non indifferente: la lettura è una di quelle cose che si possono fare spendendo pochissimo e regalandosi il coraggio di staccare per un po’ da tutto, e immergersi in lunghe, indimenticabili ore di avventure.