Nel 1885 Vincent M. Holt pubblica un piccolo pamphlet dal titolo Why not eat insect?
Per il nobiluomo inglese gli insetti sarebbero stati un’ottima risorsa alimentare per sfamare le classi lavoratrici che non potevano permettersi la carne. In un recente rapporto la FAO introduce un discorsi simile per la lotta alla fame nel mondo. Si stima che nel 2050 saremo 9 miliardi e con l’impoverimento delle altre forme di sostentamento, la soluzione più efficace sarebbe proprio l’approvvigionamento di una risorsa alimentare sovrabbondante e meno sfruttata: gli insetti.
Eva Muller, Direttrice della Divisione Politica economica e dei prodotti forestali della FAO, spiega:
Non stiamo dicendo che le persone dovrebbero da domani cominciare a mangiare insetti. Quello che lo studio cerca di dire è che gli insetti sono una delle risorse fornite dalle foreste ancora non sfruttate per il loro potenziale come cibo umano, e soprattutto animale.
Sulle capacità nutritive di coleotteri, bruchi, cavallette e locuste sono tutti concordi: molti di loro sono ricchi di proteine e grassi, oltre a ferro, calcio e zinco.
La diffusione di questo tipo di alimentazione avrebbe interessanti ricadute anche dal punto di vista economico e occupazionale: nuovi posti di lavoro (oltre a nuove figure professionali) per coloro che allevano insetti. Crescere api e formiche destinati al consumo umano, avrebbe anche un minor impatto ambientale in termini di produzione di gas serra.
Nel nostro paese la notizia non è stata presa molto bene da Coldiretti, la quale sostiene che mangiare insetti è estraneo alla nostra cultura. Eppure nella storia dell’alimentazione mediterranea il consumo di insetti ha padri illustri. Aristotele trovava prelibate le cicale che si trovano allo stadio di crisalide, mentre nella Storia naturale di Plinio è attestato che anche gli antichi Romani mangiassero insetti.
Sono sempre di più gli studiosi che stanno riscoprendo che il consumo di insetti era abbastanza diffuso anche nel nostro paese, proprio come sostituto della carne. Maurizio Paoletti, studioso dell’Università di Padova, in un suo lavoro afferma «Nel menu friulano c’erano bombi e lepidotteri». Ma l’ entomofagia non sembra poi così lontana dalla nostra cultura, basti pensare ai formaggi prodotti con insetti come il pecorino “marcetto”, il formaggio “saltarello”, il “formai nis” e il “casu marzu”, un pecorino sardo colonizzato dalla mosca casearia.
La proposta della FAO ci deve far pensare che il gusto, ciò che è “buono”, “pulito” e “sano” da mangiare è prima di tutto una costruzione sociale. Ma dobbiamo anche riflettere che l’alimentazione di un paese (in termini di produzione e consumo) è al centro di tanti interessi economici nazionali e globali.
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