Si può andare oltre l’umano? Transumanesimo e punti di vista

Chi al riparo sicuro dei suoi sogni si è mai visto infrangere i limiti umani abbracciando un sé più forte e in gamba? O meno eroicamente, chi arrivato ai 50 non si immagina di leggere il giornale senza inforcare gli occhiali per vedere almeno il titolo?

Una silenziosa sfida avanza costantemente nella quotidianità di ognuno, una sfida particolarmente delicata e coinvolgente pronta a mettere in discussione persino noi stessi. Stiamo parlando del desiderio di migliorare la condizione umana, di accrescere le capacità della persona verso un traguardo che ha il sapore di post-umano. Mettendo da parte avvincenti trame di futuristici film e agghiaccianti scenari di eugenetica, incontriamo la cultura transumanista, una interessante finestra su opportunità dell’avvenire umano.

Foto di Michael Shaheen
Foto di Michael Shaheen

Transumanesimo e post-umano

Il transumanesimo è una corrente di pensiero che si prefigge lo scopo di accogliere le nuove tecnologie e metodologie di intervento sulla vita per puntare ad un miglioramento psico-fisico della condizione umana. In altri termini raggiungere una condizione post-umana, che vada oltre l’uomo, con l’aiuto delle discipline tecnologiche e scientifiche; a detta dell’AIT (Associazione Italiana Transumanisti) si vuole progredire nell’interesse individuale e civile tramite l’utilizzo indirizzato e consapevole delle scoperte di diversi campi di ricerca: travalicare il confine umano ad occhi aperti.

Si tratta di potenziamento, non di cura. Il potenziamento va inteso sotto molteplici aspetti, come il contrastare il processo di invecchiamento, implementare le capacità intellettive e fisiche degli individui, prolungare il tempo di vita ed escludere quanti più rischi per la salute, ridiscutere la stessa fisionomia dell’uomo.

Foto di George Ferris
Foto di George Ferris

La biomeccanica e l’intervento genetico sono alcune delle branche che aprono a tale potenziamento, anche se tutte le scienze entrano in gioco nel determinare un concreto sviluppo. Per fare un esempio, si può mettere un singolo individuo, magari un operatore della protezione civile o un pompiere, nelle condizioni di sollevare pesi incredibili tramite la meccanizzazione dei suoi arti, o modificando biologicamente l’ipertrofia o la performance della muscolatura.

Un’etica per proteggere la natura umana

Le controverse opinioni sulle prospettive post-umane sono estremamente complesse, attuali e strettamente legate ad un dibattito etico-normativo che tiene conto delle sfumature culturali e morali di popoli e individui. Quesiti etici vengono sollevati in merito all’esercizio di tali possibilità: chi stabilisce i parametri di qualità di un potenziamento? Come dovremmo gestire l’accessibilità a tali pratiche, rischiamo di incorrere nella creazione di caste avvallate da maggiori facoltà fisiche e psicologiche?* Ma soprattutto prende forma la preoccupazione più sentita: non resteremmo umani.

Sia l’etica ontologicamente fondata che l’etica della legge naturale danno voce a questo aspetto. La prima affonda le radici nel creazionismo e pone la natura umana nella sua fissità come metro di giudizio delle nostre azioni e assoluto valore cui attenersi. La seconda difende la realizzazione umana in quanto derivante dai bisogni e i desideri che, colti dalla ragione, ci mantengono umani. In entrambi i casi la vita umana è inviolabile e non disponibile alla nostra fantasia o volontà. Nessuna modificazione o devianza è permessa sull’integrità umana che incarneremmo oggigiorno, quindi nessun potenziamento che vada oltre ciò che già siamo o potremmo necessitare.

Più naturale del previsto?

 

Universidad Carlos III de Madrid
universidad Carlos III de Madrid

Una critica verso questo tipo di etica potrebbe essere l’evoluzionismo. La teoria dell’evoluzionismo si scontra frontalmente con la teoria dell’ontologia umana, mentre costituirebbe un grosso ostacolo alle altre versioni non creazioniste. Se infatti secondo questa possiamo affermare di essere “diventati umani” tramite un percorso di evoluzione che passa attraverso altre forme di vita, e dunque arrivati a poter difendere il valore di umano in quanto tale, non possiamo certo dire con sicurezza che la nostra evoluzione termini qui. Su quali basi possiamo fondare l’idea di uomo attuale come forma migliore all’interno del processo evolutivo? Come pretendere la stazionarietà della nostra condizione?

Abbiamo usato ogni mezzo a nostra disposizione nel corso della storia per poter progredire trasformandoci, e la tecnologia e i nuovi poteri di intervento sulla vita potrebbero ora rientrare nel ventaglio di capacità conquistate grazie alle quali proseguire la corsa evolutiva. Alla stregua di un utensile per accendere il fuoco. Stregoneria? Contro la natura o estensione plausibile? In un’ottica ampliata, esulando dall’individualità della persona e volgendosi al processo che ci ha portati fin qui, è lecito supporre che ci possano essere degli sviluppi della forma umana e che la tecnologia possa prendervi parte in quanto frutto stesso dell’ingegno umano.

“Denaturazioni” di questo tipo avvengono già: le relazioni umane sono mutate in maniera incontrollata ed epidemica, in bene e in male i social network, gli smartphone, internet sono stati complici di un cambiamento senza pari che ci permette di interagire in maniera molto distante da come avremmo potuto nella condizione originaria.

Può essere l’evoluzione insita nella natura degli uomini e delle donne?

* Va specificato che il pensiero transumanista assume il dibattito politico-gestionale come componente imprescindibile all’interno delle loro vedute e secondo una filosofia di preoccupazione, rispetto e collaborazione verso tutti gli esseri viventi e i punti di vista.