Mentre la stagione turistica entra nella sua fase finale, è già tempo di bilanci e progetti per il futuro. Ci siamo più volte occupati di turismo lento e di mobilità sostenibile, due categorie che viaggiano a braccetto e che necessitano di sempre nuovi approfondimenti. Lo spunto per tornare a parlarne ci viene offerto dalle considerazioni di Raffaele Di Marcello, architetto, esperto di temi turistici e delegato regionale per l’Abruzzo della Sistur, la Società Italiana di Scienze del Turismo.
LA RETE ESCURSIONISTICA
Partendo dalla realtà abruzzese, Di Marcello sviluppa un’analisi che chiama in causa le istituzioni per ampliare la qualità dell’offerta turistica delle regioni italiane. “L’Abruzzo presenta un territorio diversificato, con mare, collina e montagna, che si presta naturalmente ad una fruizione turistica attraverso la mobilità lenta”, esordisce l’esperto. La regione degli Appennini e dell’Adriatico sta compiendo sforzi importanti per sviluppare nuove forme di turismo. Ad esempio, è in fase di realizzazione il progetto Bike to Coast che prevede la creazione della pista ciclabile lungo tutta la costa adriatica, per una lunghezza totale di 131 km. Oppure progetti interessanti nati sulla spinta dell’esigenza di valorizzare le risorse del territorio, come l’itinerario artistico-religioso della Valle delle Abbazie, che coinvolge i comuni del Medio Vomano; o il Cammino di Tommaso, sulle tracce della presenza dell’apostolo da Roma ad Ortona. Come l’Abruzzo, sono tanti i territori italiani che si stanno riconvertendo verso i nuovi turismi. Il rischio, però, è che al di fuori di questi tracciati per il turista slow l’accoglienza e i servizi non siano adeguati. Da qui la necessità di pianificare una rete escursionistica regionale che riunisca i vari percorsi da compiere a piedi, a cavallo o in bicicletta, unendo i diversi tematismi (religiosi, naturalistici, enogastronomici, culturali…).
LA STRADA COME ATTRAZIONE TURISTICA
Non si tratta, però, solo di realizzare nuove infrastrutture. Anzi, in alcuni casi è proprio il contrario. Prendiamo ad esempio l’entroterra e le zone montane. “Nelle zone interne si è capito che il turismo mordi e fuggi non funziona – spiega Di Marcello – Non si può pensare di portare in alcune località di montagna, bellissime ma impegnative, il turismo di massa. Quei territori non possono reggere un’infrastrutturazione massiccia, magari fatta di strade a scorrimento veloce”. Il concetto basilare è il seguente: “Le infrastrutture di trasporto devono essere compatibili con la vocazione turistica di un territorio – sostiene l’architetto – Le strade devono essere comode e sicure per essere percorse con tutti i mezzi, in bici, a cavallo o a piedi. Solo in questo modo la strada stessa acquisisce valenza turistica”.
È il concetto di strada-parco: non va dato valore solo alla meta di un viaggio, ma anche al territorio attraversato lungo l’itinerario. Da questo punto di vista, l’ampia rete stradale secondaria realizzata negli anni nelle aree interne, per le quali gli enti lamentano una cronica carenza di fondi per le manutenzioni, può rappresentare una base già pronta da riconvertire: “Se si deasfaltano le strade secondarie rurali, si possono ottenere centinaia di chilometri di piste per una mobilità non carrabile, da sfruttare per escursioni a piedi, in bici o a cavallo”.
LE RISORSE PER LA GESTIONE
Il cerchio della nuova mobilità sostenibile va però chiuso con adeguati servizi per i viaggiatori slow. “Qualsiasi rete di percorsi deve trovare le risorse per la sua gestione”, osserva Di Marcello. Serve a poco realizzare lunghe piste ciclabili o strade-parco senza servizi ai turisti che le attraversano: punti di sosta, fontanelle per l’acqua, accessibilità garantita ai punti di interesse, strutture per il pernottamento e via dicendo. La collaborazione tra pubblico e privato, in questo caso, ha già mostrato ottimi risultati: ad esempio la ciclabile costiera del Ponente ligure è gestita dalla società mista Area 24; all’estero, la rete ciclabile inglese Sustrans si regge su una fondazione sostenuta dai proventi di una lotteria nazionale. Sono solo esempi che dimostrano le soluzioni praticabili. Ma come primo atto le regioni devono progettare e descrivere la loro rete escursionistica: “Pubblicizzare, magari attraverso il web, la propria offerta – conclude Di Marcello – serve per dare la percezione dell’esistenza del territorio, perché il paesaggio esiste solo in relazione alla presenza e alla fruizione dell’uomo”.
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