La Rigenerazione Urbana “pensata” per tutti

Implementare la fruibilità degli spazi cittadini, soprattutto dei parchi e del verde urbano, alle persone disabili è parametro imprescindibile per il livello di civiltà della pianificazione urbana.

Implementare la fruibilità degli spazi cittadini, soprattutto dei parchi e del verde urbano, alle persone disabili è parametro imprescindibile per il livello di civiltà della pianificazione urbana.

di Rino Borriello, agronomo territorialista

 

Uno dei temi centrali della Rigenerazione Urbana è senz’altro quello della fruibilità e della vivibilità degli spazi pubblici, in modo che questi diano origine ad un tessuto urbano dal quale nessun cittadino possa sentirsi escluso, ma che anzi prevedano soluzioni volte all’integrazione, piuttosto che alla separazione delle diverse categorie di utenti.

Rigenerazione quindi in chiave di lettura del livello di vitalità dei quartieri urbani, in grado di offrire servizi tali da originare e/o consolidare il senso di appartenenza di ognuno a quei luoghi e nei quali le persone, siano felici di viverci e non più solo costrette ad abitarvi.

La dotazione di verde pubblico è parametro imprescindibile della rigenerazione, ma gli spazi naturali devono poter essere fruiti da tutti, fatta eccezione per quei luoghi il cui raggiungimento è possibile solo a seguito della preparazione fisica conseguente ad un allenamento specifico: se voglio scalare una roccia, devo possedere la tecnica e il fisico giusto per farlo, altrimenti

In tutti gli altri casi, e sono davvero i più, come ad esempio per passeggiare su di un prato, o andare ai giardini pubblici, be’ mi occorrono solo le gambe e la voglia di farlo.

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Fonte: www.noihandiamo.org

E se la voglia c’è, ma al posto delle gambe ho due ruote, come faccio? Certamente potrò contare sull’aiuto di chi spinge ordinariamente la mia carrozzina, ma poi giunti sul posto, come faccio a godere dei prati o dei sentieri di montagna? E se invece della montagna, volessi andare su una bella spiaggia?

Ecco, sono queste alcune delle preclusioni del territorio, per una cospicua parte della popolazione la cui entità numerica potrebbe non farla assurgere ai livelli di “significatività” statistica, ma che in termini di “diritti del cittadino” è sempre più che rilevante.

Di barriere architettoniche, che si oppongono alla libera fruizione degli spazi pubblici da parte delle persone disabili, ne sono piene le nostre città.

Molto si è fatto, è vero, ma occorre puntare all’obiettivo della completa fruizione di tutti gli spazi ed i luoghi “normalmente” raggiungibili da chiunque.

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Foto di Lorenzo Lambertucci – Fonte: http://www.cronachemaceratesi.it

E per spazi si devono intendere anche tutte le porzioni di territorio naturale quali i parchi, sentieri ed itinerari naturalistici.

Così come l’uomo è normalmente antropocentrico rispetto alle esigenze delle altre forme di vita presenti sul Pianeta, così all’interno delle sue comunità disegna e realizza i progetti degli spazi comuni facendo riferimento alle capacità di fruizione dell’uomo standard, detto normodotato, cui poi tutte le altre categorie di cittadini debbono adeguarsi; certo, perché non esistono soltanto i paraplegici ma anche un insieme di altre “categorie deboli” che trovano difficoltosa l’accessibilità a tutti i luoghi del vivere sociale, anche se non stanno in carrozzella: non vedenti , persone anziane, traumatizzati, gestanti, mamme con bambino in passeggino, ecc.

Si potrebbe pensare che l’accessibilità a tutte le tipologie di spazio comune debba comportare necessariamente delle trasformazioni così rilevanti da minarne l’estetica o addirittura da interferire con la conservazione dello stato di naturalità di alcuni ambienti. Certamente esse producono impatti, perché se è vero che la fruizione dei “normodotati” comporta già di per sé delle interferenze negative con le peculiarità dell’ambiente visitato, figuriamoci se quegli stessi luoghi debbano ospitare pedane per il passaggio delle carrozzine e quant’altro. In più – e va detto senza mezzi termini – non tutti i luoghi possono essere fruiti dagli amici su due ruote: ad esempio, i sentieri di montagna, oltre a un certo limite, non possono essere trasformati in stradine di terra battuta o rivestiti interamente di ghiaietto, perché ciò li renderebbe estremamente pericolosi per questo tipo di utenza.

Nella generalità dei casi però le modificazioni che verrebbero ad imporsi richiederebbero impatti di modesta entità ed un’attenzione più ai dettagli che non al corpo degli interventi di sistemazione.

Ancora una volta è un maggior grado di sensibilità che verrebbe richiesto e non chissà quali maggiorazioni di spesa.

Lo stesso fatto di porsi il quesito della generalizzazione della fruizione pubblica, comporta la volontà di perseguire possibili soluzioni o alternative.

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Fonte: http://www.parchipertutti.it

Innanzitutto si potrebbe partire con l’ incrementare la raggiungibilità dei luoghi stessi, implementando la rete ed i collegamenti del trasporto pubblico.   Una volta giunti sul posto occorrerebbe munire i luoghi con strumenti di segnaletica idonei ad essere fruiti da tutti e quindi con tabelle anche in formato Braille che illustrino le caratteristiche della sede di camminamento, ovvero la larghezza dei sentieri, il livello di pendenza, la durata del percorso con l’andamento dei tempi medi per le varie forme di disabilità, la presenza di zone scivolose o con frequenti ristagni idrici.

Nei parchi cittadini queste piazzole potrebbero addirittura prevedere l’uso di dispositivi auditivi in modo che i non vedenti possano ascoltare il verso delle varie specie faunistiche ivi presenti e così riconoscerle. Tutte le strutture del parco pubblico dovrebbero poter essere utilizzate da tutti : adeguati modelli di panchine, servizi igienici, fontanelle, ecc.

Per quanto concerne la caratteristiche delle piante con le quali si potrebbe giungere in contatto ravvicinato dovrebbero non essere velenose o possedere organi pungenti. In più, e non stiamo parlando dei sentieri in natura, ma dei percorsi pedonali in parchi e giardini pubblici, il selciato dovrebbe risultare compatto e privo di pietre e radici assurgenti. Ecco quindi che non dovrebbero piantarsi lungo il percorso specie arboree caratterizzate da radici molto superficiali quali aceri e faggi.

Di questo e d’altro ho avuto modo di parlare con esponenti dell’Associazione AISLA e con l’architetto Tania Talamo, in un recente Convegno tenutosi a Città della Scienza (Napoli) , in modo da orientare la pianificazione della rigenerazione urbana su progetti “pensati” per tutti.