Accordo sul clima: luci e ombre sul futuro del pianeta

C’è chi ha parlato di accordo storico, chi si aspettava qualcosa di più, chi mantiene delle riserve sull’efficacia dei punti sottoscritti. Il 12 dicembre scorso si è conclusa a Parigi la Conferenza mondiale sul clima: 195 delegati di altrettanti Paesi si sono confrontati sui temi più urgenti che riguardano l’ambiente e in particolare il riscaldamento globale che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa del pianeta. Dopo anni di parole e bei discorsi rimasti vuoti e privi di seguito, dopo proteste e battaglie di movimenti ambientalisti che da tempo chiedono ai potenti della Terra di agire con decisione, sembra che qualcosa di efficace sia venuto fuori dall’incontro parigino.

L’accordo ha riscosso grande entusiasmo tra i delegati che l’hanno sottoscritto. Un dato significativo sta nel fatto che a firmare l’accordo siano stati anche quei Paesi emergenti che, nell’ansia di crescere velocemente, non si curano troppo delle tematiche ambientali, specie per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse. Questo dettaglio, non secondario, spiega anche meglio il termine “storico” usato dai giornali di mezzo mondo per etichettare l’accordo. Vero è che, soprattutto tra le fila ambientaliste più convinte e ambiziose, per qualcuno il documento messo a punto a Parigi è insufficiente e si sarebbe potuto e dovuto fare di più. A questo però c’è chi risponde che dalla conferenza è venuta comunque fuori una linea condivisa da 195 Paesi, con obiettivi chiari e precisi che di certo non hanno precedenti nella storia moderna.

Ma cosa è stato definito di preciso nell’accordo del 12 dicembre?

Quattro i punti principali, che rappresentano altrettanti impegni per i Paesi firmatari. Innanzitutto il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi facendo in modo che resti contenuto entro 1,5 gradi entro il 2020. Ancora, si è dichiarata guerra all’emissione dei gas serra: l’obiettivo è di abbattere notevolmente le emissioni fino a raggiungere, nella seconda metà del secolo, il punto in cui la produzione di nuovi gas sia assorbita in modo naturale dall’ambiente. L’accordo parigino prevede ancora incontri quinquennali coi Paesi coinvolti per verificare il mantenimento degli impegni presi e i progressi raggiunti. Infine è previsto un sostegno ai Paesi più poveri per aiutarli a sviluppare energie sostenibili: ogni anno saranno versati 100 miliardi di dollari per questo scopo (a questo link potete consultare i termini dell’accordo).

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I grandi della terra, da Hollande a Ban Ki Moon fino ad Obama, si sono detti soddisfatti dell’accordo raggiunto, certi che rappresenti un passo di primaria importanza per salvaguardare il pianeta. Come detto, c’è però chi si aspettava di più e ha storto il naso soprattutto su alcuni aspetti. Ad esempio per quanto riguarda l’assenza di sanzioni importanti in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Greenpeace ha parlato di un testo depotenziato rispetto alle aspettative, ma ha comunque riconosciuto che almeno il documento mette le società petrolifere “dal lato sbagliato della storia”. Per ActionAid si poteva fare molto di più, mentre il WWF vede nell’accordo un segnale forte.

Tra disappunti e soddisfazioni, Parigi consegna al mondo un testo di peso che può rappresentare un modo nuovo di guardare al futuro della Terra, lavorando con intelligenza per evitare di portare avanti un disastro che nell’arco di pochi decenni potrebbe essere fatale ad interi territori e popolazioni. L’appuntamento è tra cinque anni quando si farà il primo incontro post-accordo parigino per verificare se e quali risultati sono stati raggiunti.