Pescara: chi inquina davvero, la sansa o il petrolio?

È stata accolta da più parti con esultanza la notizia che, nella Legge di Stabilità, il Governo Renzi ha ripristinato il limite delle 12 miglia dalla costa per le perforazioni nel mar Adriatico (teoricamente mettendo così fuori legge Ombrina Mare e altri progetti di estrazione degli idrocarburi in Abruzzo). Bene, finalmente ci siamo liberati di chi inquina l’ambiente e deturpa il territorio! Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Per esempio, non c’è granché da festeggiare per la città di Pescara e per i suoi abitanti. Dopo gli scandali delle fogne che sversano liquami direttamente in mare e dopo la discussa ordinanza di divieto di balneazione in pieno agosto, un nuovo argomento occupa siti di notizie e quotidiani: il terribile odore che staziona sulla città, presumibilmente provocato dal locale sansificio Schiavone.

I pescaresi sapranno benissimo di cosa sto parlando. Lo scorso dicembre un terribile fetore si è propagato sulla città (si è addirittura parlato di “puzza di feci”), costringendo la popolazione a rivolgersi immediatamente ai vigili urbani e alle altre autorità. La situazione era talmente grave e causa di disagio che alcune associazione ambientaliste come il Forum abruzzese per i movimenti dell’acqua e l’associazione Pescara punto zero hanno persino presentato un esposto in procura. Il responsabile è stato ben presto individuato nell’impianto che produce sansa, sito in strada Vicinale Torretta e l’Arta ha immediatamente avviato i propri controlli. In un primo momento gli assessori a Demanio e Ambiente Enzo Del Vecchio e Paola Marchegiani hanno affermato che “le emissioni del sansificio non comportano inquinamento e danno per la salute dei cittadini”, ma ben presto si è capito che le cose non stavano esattamente così.

I risultati delle indagini dell’Arta sono stati al centro di un giallo – impianto a norma o no? – tanto che la Provincia si è vista costretta ad emanare un provvedimento di sospensione dell’attività dell’impianto, che però ha revocato appena 24 ore dopo.

Infatti, secondo fonti autorevoli dell’Arta, lo stabilimento sarebbe risultato in regola con l’emissione dei fumi, ma non avrebbe rispettato alcuni accorgimenti tecnici richiesti. Invece secondo il presidente della Provincia Antonio Di Marco, l’Arta avrebbe proprio segnalato il superamento delle emissioni dei fumi. Dove sta la verità? Difficile dirlo.

Oltre al danno anche la beffa, perché negli ultimi giorni i fumi hanno continuato ad appestare la città, con il loro ormai caratteristico odore di fogna. Il Forum abruzzese per i diritti dell’Acqua e l’associazione Pescara Puntozero hanno diffuso un video termografico in cui risultano evidenti le continue emissioni che provengono dalle ciminiere dell’impianto. Le associazioni, giustamente arrabbiate e indignate, pongono una serie di domande alle autorità: “Dati ambientali, monitoraggi, autorizzazioni ed eventuali provvedimenti interdittivi: perché sui siti di Arta, Asl, Comune e Provincia non troviamo nulla? Qual è il quadro emissivo autorizzato del sansificio? Quali sono i flussi di massa orari per ogni sostanza/parametro? Quali sono stati i monitoraggi a cui è stato sottoposto l’impianto negli ultimi anni? Con quali risultati? Dove sono le copie dei provvedimenti emanati dagli enti?”.

Difficile dare loro torto. Sarebbe doveroso e opportuno che le autorità competenti intervenissero per mettere fine a una grave situazione di disagio e di possibile danno per l’ambiente e la salute dei cittadini.

Vorrei però fare una domanda a queste associazioni ambientaliste: chi è che ha davvero provocato danni per l’ambiente e per i cittadini, le aziende che operano nel settore energetico o altre come il sansificio?

Il territorio del comune di Pescara e il mare che bagna la città sono stati oggetto di diverse e gravi offese solo nell’ultimo anno, ma mai da parte di aziende attive nelle estrazioni di idrocarburi. Eppure si è fatto di tutto per fermare questi progetti, che peraltro avrebbero portato anche alla creazione di posti di lavoro e di ricchezza. Invece poco o nulla si è fatto per protestare contro chi sversa le acque nere della rete fognaria nel mare e contro la conseguente ordinanza di divieto di balneazione (che a occhio e croce ha danneggiato non poco l’economia locale legata al turismo). Per vedere gli ambientalisti abruzzesi all’opera contro qualcosa che non sia il famigerato petrolio ci sono voluti dei fumi maleodoranti ad appestare la città di Pescara! E a nulla vale ricordare che, per esempio, solo nel Mare Adriatico negli ultimi 50 anni non c’è stato un solo incidente grave negli impianti di estrazione del petrolio, o che le moderne tecnologie permettono di avere un impatto minimo e costantemente sotto controllo sull’ambiente.

Ma so già cosa direbbero i pasdaran No Triv: “la sansa si fa con le olive, è tutto naturale, il petrolio invece no!”

Ai posteri l’ardua sentenza.