Riapertura di Vivara sì, ma con saggezza!

L’agronomo Rino Borriello, esprime le proprie perplessità sulla riapertura al grande pubblico dell’isolotto di Vivara e confida nel fatto che le autorità preposte, abbiano saggiamente calcolato l’entità di tali rischi, attraverso l’adozione di appropriati strumenti volti a definire, con la dovuta rigidità scientifica, la capacità di carico di questi ecosistemi, al fine di consentirne il progressivo sviluppo naturalistico e non un nuovo declino.

Vivara

È delle ultime settimane la ghiottissima notizia che l’isolotto di Vivara sarà aperto nuovamente e dopo circa vent’anni, alla fruizione pubblica.

Ho inteso scrivere questo breve articolo, mosso da alcune perplessità, dovute proprio al lungo “isolamento” di Vivara ed ai rischi ai quali potrebbe essere esposto il suo delicatissimo ambiente, in vista del gran numero di turisti (o anche semplicemente di studiosi) richiamati dalla straordinaria notizia.

Sono più che convinto che le autorità preposte, abbiano saggiamente calcolato l’entità di tali rischi, soprattutto per quel che concerne l’adozione di appropriati strumenti volti a definire, con la dovuta rigidità scientifica, la capacità di carico di questi ecosistemi, al fine di consentirne il progressivo sviluppo naturalistico e non un nuovo declino.

La storia di Vivara è avvincente, ma è anche emblematica dei danni che l’uomo è in grado di provocare nei confronti dei processi naturali.

Vivara, che fa parte dell’arcipelago flegreo,ci appare oggi come un isolotto a forma di mezzaluna ed ha una superficie di circa 0,4 km². Costituisce il margine occidentale di un antichissimo cratere vulcanico, oggi sommerso.

Studi vulcanologici sul bradisismo dell’area flegrea e campagne archeologiche di esplorazione sottomarina, hanno appurato che un tempo, quest’isola doveva essere molto più estesa di quanto non lo sia oggi.

Popolata già dall’Età del Bronzo, nel corso della sua storia Vivara è stata un importante nodo, commerciale e di collegamento, fra le popolazioni tirreniche ed il Mediterraneo orientale.

Carlo III di Borbone, la elesse fra le sue riserve di caccia, promuovendone il ripopolamento di selvaggina.

Dal 1818 la proprietà dell’isolotto passò al Comune di Procida e da questo a privati e ad Enti. Dal 1972 è stata data in fitto alla Regione Campania che, nel 1977 consentì al Prof. Giorgio Punzo di stabilirvisi in “eremitaggio scientifico”, favorendone gli studi sulla protezione e valorizzazione dell’ambiente naturale di Vivara.

Il Professore restò sull’isola fino al 1993. Da quel momento in poi, l’isolotto fu preda di vandali e bracconieri.

Nel 2009, la fondazione proprietaria dell’isolotto, ne incrementò la sorveglianza, coinvolgendo anche i volontari della LIPU ed il Corpo Forestale dello Stato, riportando un po’ l’ordine nel sito che, già in precedenza, nel 2002,era stato ascritto ai SIC di Natura 2000.

Nella storia naturale di Vivara vi è però una data che segna la demarcazione fra il periodo della sua naturalità primigenia e ciò che ne è seguito, a livello di irreparabilitrasformazioni, ed è il 1830.

Da quell’anno in poi, infatti, le lussureggianti leccete che per secoli ne avevano costituito il manto vegetazionale, furono abbattuteper liberare lo spazioindispensabile alla messa a coltura dei suoi terreni. Le opere di riassetto comportaronola trasformazione dei pendii in terrazzamenti si quali poter coltivare sia produzioni erbacee che arboree, soprattutto vite ed olivo.

Queste operazioni di disboscamento, congiuntamente all’opera di incendi edalle attività di pastorizia, incisero profondamente sulla naturalità dei luoghi, innescando fenomeni di degrado e di impoverimento, anche dei suoli. Ne discende che la Macchia oggi presente non è originaria, ma deriva dalle trasformazioni subìte da quella presente fino al 1830.

Le coltivazioni perdurarono fino agli anni ’60 del secolo scorso, ma a seguito dell’abbandono delle terre la vegetazione che si è insediata non ha ricostituito le antiche leccete, bensì varie forme di arbusteti sempreverdi, pure tipici della vegetazione mediterranea, che hanno preso il sopravvento sul Leccio (Quercus ilex). Ancora ad oggi, il Leccio non è presente che in un numero ridotto di esemplari, frammisti ad un’altra importante quercia, la Roverella (Quercus pubescens).

20141101_153248Data la natura divulgativa di questo articolo, nel descrivere i tratti salienti della vegetazione di Vivara, dirò solo che dei vari tipi di Macchia Mediterranea, a Vivara se ne possono distinguere due:

 

  • un primo, costituito da una Macchia alta, con arbusti ed alberi alti anche cinque, sei metri;
  • l’altro molto più basso, costituito da arbusti che raramente superano i due metri di altezza.

Nel primo tipo figurano il Leccio e la Roverella, mescolati all’Erica arborea ed ai numerosissimi Corbezzoli (Arbutus unedo), molti dei quali di enormi dimensioni ed alti quasi sei metri. Nella macchia bassa abbondano invece il Lentisco (Pistacia lentiscus), i vari Cisti (Cistus incanus, C. monspeliensis, C. salvifolius) , il Mirto (Myrtus communis) , le Filliree (Phyllirea ovalifolia, Ph. angustifolia, Ph. latifolia) e le immancabili Ginestre (Spartium junceum).

Sulle pendici di Punta Mezzogiorno è presente la Gariga, un’associazione di vegetaliche si attesta sui luoghi dove un tempo era presente la Macchia.

Anche l’Olivastro (Olea europaea var. oleaster) è presente come macchia fitta e più o meno bassa e, sulla parte più alta dell’isolotto, forma densi agglomerati nei quali è frammisto al Carrubo (Ceratonia siliqua), al Mirto ed al Lentisco.Molto rarefatto è l’Alloro (Laurus nobilis) che pure è altra pianta eminentemente mediterranea la cui presenza dovrebbe essere assai più cospicua.

Copiosa e ricca è altresì la flora erbacea e fungina.

Anche le acque di Vivara ospitano una vegetazione lussureggiante. Le praterie subacquee di Posidonia, sono ben rappresentate e sono indice di un buon stato dell’ecosistema marino, popolato da molte specie animali.

Per quanto attiene alle notizie riguardanti la fauna di Vivara, si rimanda alle pubblicazioni della Regione Campania – Settore Ecologia –  Sito n. 45 di Natura 2000.

Da queste brevi note appare chiaro che gli ambienti dell’isolotto rivestono una straordinaria importanza, per cui ci si augura che la loro tutela sarà garantita nei tempi a venire, partendo proprio da accurati studi di pianificazione del carico turistico che, se non opportunamente controllato, potrebbe innescare fenomeni irreversibili di degrado ambientale su un isolotto che, detto tra noi, ne ha già viste troppe!

Per maggiori informazioni su Vivara, si può consultare il sito:  www.isolavivara.it o contattare l’Associazione Vivara ai seguenti recapiti: [email protected]  –  [email protected]