Una chiacchierata con Tessa Gelisio sull’Italia e le 5R dei rifiuti

A partire dall’ormai lontano 1997, dall’arcinoto Decreto Ronchi, la legislazione italiana sulla gestione dei rifiuti ha ricevuto il primo concreto modellamento perpetuatosi nel corso degli anni successivi fino alla scrittura del Testo Unico Ambientale del 2006 e dei numerosi aggiornamenti succedutisi fino ad oggi. Da qui la diffusione della filosofia delle R legate al mondo dei rifiuti, inizialmente 4 ed ora 5: Riduzione, Riuso, Riciclo, Raccolta, Recupero. E in Italia a che punto siamo? Ne parliamo con Tessa Gelisio, conduttrice televisiva di Cotto e Mangiato e di Pianeta Mare, presidente di ForPlanet – Onlus per la conservazione ambientale.

La chiacchierata con Tessa comincia con una sintesi dello stato attuale della Raccolta Differenziata nel nostro paese, evidenziando come tuttora permane un’Italia a “macchia da leopardo”, in cui risaltano sia piccole (ad esempio Capannori, in provincia di Lucca, con l’applicazione della filosofia “Rifiuti Zero”) che grandi realtà (ad esempio Milano, con gli ottimi risultati raggiunti dalla raccolta dell’organico), ma dove purtroppo faticano ancora ad emergere difficili realtà come Napoli o Roma e diverse zone della Sardegna.

Passando al concetto di Riduzione, si riconosce una minor disparità delle evidenze a livello nazionale, lì dove i soggetti protagonisti sono le aziende produttrici che cercano in ogni modo di ridurre sempre di più l’utilizzo ed il peso degli imballaggi, necessari per contenere e a proteggere i prodotti. In linea generale i risultati raggiunti sono più che buoni, soprattutto in termini di riduzione del peso degli imballaggi primari (quelli utilizzati per il packaging del prodotto), anche se, nonostante i continui miglioramenti tecnologici (si può pensare a quanto si è potuto ridurre l’uso del PET nelle bottiglie di plastica, a volte fino al 40%), difficilmente si arriverà ad un’eliminazione totale degli imballaggi, in particolare per alcune tipologie di prodotto.

In stretta relazione con la Riduzione, troviamo il Riuso dove l’ottenimento dei risultati ambientali ottenuti dallo stivale risulta ancora più evidente. Anche qui, il riferimento diretto è rivolto agli imballaggi, in particolare a quelli in plastica e carta che, nonostante la continua diffusione di prodotti venduti sfusi (alimentari e non), stentano a scomparire.

La reale possibilità di dare un’impronta più che mai ecosostenibile al nostro paese sta sia nel Recupero (in termini energetici, ad esempio mediante i termovalorizzatori), ma soprattutto nel Riciclo, di tutto ciò che effettivamente transita dallo “stato” di rifiuto. Secondo Tessa l’attenzione deve essere rivolta soprattutto alle cosiddette Materie Prime Seconde (MPS), generate dal processo di trattamento dei rifiuti: rappresentano materiali utilizzabili per la creazione di nuovi prodotti, oltre che vere e proprie materie prime da sostituire alle risorse primarie ancora oggi troppo sfruttate.

L’azione principale da rivolgere nei confronti del consumatore finale il cui pensiero più diffuso è che i prodotti realizzati da MPS siano di minor qualità rispetto agli altri (i tradizionali), è la diffusione della consapevolezza di quanto questa idea sia sempre più ormai superata, grazie alle moderne tecnologie utilizzate nel trattamento dei rifiuti. Inizialmente il settore delle MPS e dei prodotti ecologici (realizzati anch’essi da materiali riutilizzati, come ad esempio gli imballaggi usati per il “vuoto a rendere”) rappresentava una nicchia di mercato, ma oggi, molte produzioni sono di qualità anche migliore delle tradizionali. Un esempio calzante è l’Ecodesign: i primi modelli realizzati erano esteticamente poco appetibili, mentre oggi se ne possono trovare anche di qualità elevata, caratteristica che ineluttabilmente incide poi sul relativo prezzo di vendita.

L’ultimo aspetto preso in considerazione nella conversazione con Tessa è il fattore economico ovvero il rapporto tra il costo dei prodotti naturali/ecologici e i prodotti “tradizionali”. L’obiettivo necessario da conseguire, anche per ridurre la disparità di prezzo tra le due categorie che in molti casi tuttora esiste, è la diffusione di una maggior consapevolezza del valore etico ed ambientale che i prodotti ecologici possiedono e che i prodotti tradizionali generalmente esternalizzano. E’ il prezzo dei valori ambientali intrinsechi, necessari per un futuro sostenibile, che fa costare maggiormente i prodotti ecologici rispetto ai prodotti tradizionali che, essendone privi, inevitabilmente possiedono un prezzo di vendita inferiore.

Dunque, possiamo concludere che sicuramente ancora molto c’è e ci sarà da fare per mettere in pratica sempre di più la filosofia delle 5R in Italia. Intanto non ci resta che ringraziare Tessa Gelisio per la sua disponibilità e per la piacevole chiacchierata fatta su un argomento sempre più attuale.

Alessandro Gramegna

Laureato in Scienze Ambientali, da subito ha iniziato a lavorare nel settore della gestione dei rifiuti, conseguendone la qualifica di tecnico. Attratto dai problemi di tematica ambientale, in particolare appunto quello sui rifiuti, sviluppa l’esperienza professionale in consorzi che si occupano della gestione dei rifiuti urbani e speciali e, a livello nazionale, all’interno di sistemi collettivi che si occupano della gestione dei RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). Appassionato di birra, ha conseguito diversi diplomi di degustatore.

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