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Cambogia: quando l’ecologia è non sostenibile.

L’attuale Cambogia, sostituta geografica del grande e potente impero dei Khmer, comprendeva gran parte degli odierni stati del Vietnam, del Laos e della Thailandia, vanta ad oggi una ricca tradizione culturale, una capitale di epoca francese (anche se un po’ segnata dal tempo e dall’inondazioni cicliche del Mekong) e straordinari scenari naturali, con la zona a nord est meravigliosamente vergine.

 La storia cambogiana è una delle più belle, tristi e sognatrici che io abbia mai sentito: dall’impero Khmer della mitica città di Angkor (intorno all’anno mille, un milione diabitanti su di un territorio esteso circa 1000 km²), passando per il sangue del XX secolo: i bombardamenti americani, le invasioni Viet Cong e la follia “contadina” dei Khmer Rouge, il genocidio con le più alta percentuale popolazione/morti (bastava non saper salire su un albero o portare gli occhiali per essere giustiziati), fino ad arrivare alla storia di Sihanouk, il re bambino (re bamboccio dei francesi) che diventato grande abdicò e si diede alla politica  restando al potere per quasi 20 anni,  per poi riprendere la corona diventando così il “Re Padre”  del popolo Cambogiano.

La Cambogia è un territorio molto povero e le sue infrastrutture interne sono praticamente assenti, la linea ferroviaria da anni è sospesa ed il paese è attraversato solo da strade ad una sola corsia, solo negli  ultimi anni stanno partendo i grossi investimenti nel paese grazie al Fmi e al Governo Cinese, il maggior partner  economico del stato.
Il maggiore investimento, per importanza, del paese è quello nel sistema idrico nazionale, un progetto molto importante e necessario per permettere alla popolazione di reperire l’acqua pulita per il benessere necessario per lo sviluppo locale, ma ad oggi solo una parte della città di Phnom Phen ha una rete fognaria degna di questo nome.

Il Mekong (da dove viene pescato il Pangasio che ormai la fa padrone, dato il prezzo basso, nei nostri supermercati e nelle mense delle scuole) è il fiume che ha dato vita all’Indocina e che attraversa completamente la Cambogia ed il Laos, infatti le due nazioni possono essere attraversate completamente via fiume , oggi è un incubo:  circa 210 siti industriali sversano, senza legge e/o giustizia che controlli, nel fiume e nei suoi affluenti, le città ed i paesi dell’area  buttano dentro di tutto, dalle carcasse di animali ai liquami di ogni genere.

Il rispetto per la natura qui non è ancora arrivato, natura che verrà ancor di più  violentata con gli ultimi accordi cambogiano/thailandesi per lo sfruttamento dei grossi giacimenti turistici lungo la costa Cambogiana, di preciso nell’area della città  balneare di Sihanoukville, già oggi polo industriale.

L’ambiente cambogiano è seriamente minacciato dall’attività di disboscamento che hanno ridotto le foreste pluviali  dal 75%, al 40% della superficie del paese, nell’arco di 50 anni. Il numero di parchi nazionali sta lentamente aumentando, ma sia le attività di disboscamento illegali sia quelle permesse tramite le troppo facili concessioni legali mettono a repentaglio ogni singolo albero del paese, andando completamente contro l’ecoturismo, settore in crescita nel paese.

La Cambogia è un paese troppo povero per permettersi una reale e positiva linea verde, mentre da noi è l’economia a non essere sostenibile, nei paesi a basso reddito medio e a livello di infrastrutture scarso, l’ecologia ed il benessere sono dei beni da distruggere per crescere economicamente.

Jacopo Tarallo

Vive a Napoli è laureato in Economia e Diritto delle Imprese e delle Amministrazioni alla Federico II di Napoli. Alla Commissione Petizioni del Parlamento Europeo si è interessato delle numerose petizioni riguardanti la sua regione: la Campania. È l’occhio della UE sulla Campania e l’Italia di Econote.it

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Jacopo Tarallo

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