Interviste

Io, paladino dell’ambiente grazie al megafono di Striscia. Intervista a Luca Abete

Ex clown, architetto mancato, amante della fotografia, grande appassionato di temi ambientali. Tra i primi a mostrare in televisione la Terra dei Fuochi, e da sempre impegnato in prima linea per difendere la natura, l’ambiente e il sud in generale.

L’abbiamo intervistato per Econote e abbiamo scoperto che è un personaggio green a 360 gradi!

Partiamo da una domanda facile. Chi è Luca Abete?

Non mi sento un giornalista, amo raccontare storie. Cerco sempre di capire l’altra parte della mela, che cosa nasconde. Sono sempre stato portato dalla mia curiosità a smascherare e scoprire gli aspetti inediti delle cose. Sono refrattario a tutti i titoli che ti incasellano. Non so definirmi, che cosa sono, reporter o giornalista? Sono io, sono Luca Abete (ride)!

Ricordiamo nei tuoi servizi tanti temi ambientalisti, e poi sei stato tra i primi a parlare della Terra dei Fuochi. Cosa ricordi di quel periodo?

È stato un fenomeno che ha vissuto una stratificazione di percezioni e di emozioni nel corso degli anni è stata così mutevole… cangiante nel corso del tempo… se penso che quando giravo il territorio nel 2009 già sentivo e respiravo l’aria che puzzava di bruciato, al tramonto soprattutto c’era un’aria grigia sui paesi, sulle campagne e le abitazioni. Quando vedevo questo fumo chiedevo alle persone e loro spesso mi rispondevano con un “e qui è sempre così, siamo abituati…” come se non avessero una reale percezione del problema.

E poi?

Sono state affrontate varie fasi, perché il problema è così vasto e necessiterebbe di tantissimo approfondimento. Nella prima fase esisteva la mancanza di percezione del disastro. Io lo raccontavo in televisione e la gente non mi credeva. Poi si è capita la reale portata del problema e i tantissimi interessi in gioco. Oggi siamo sicuramente più avanti, ma il problema non è sicuramente risolto. Il problema più grave è quello di cambiare il modo di essere cittadini, il rapporto con il territorio. È un problema di coscienza, oltre che di bonifiche fatte seriamente.

Emergenza rifiuti, la discarica di Calvi Risorta, sversamento di rifiuti chimici nel lago chimico di Rende, Terra dei Fuochi. Qual è il servizio più difficile che hai realizzato?

Quest’anno uno dei servizi più difficili, che ha anche un forte collegamento con l’ambiente, è stato quello nei campi Rom. Una realtà di cui tutti parlano ma che pochissimi conoscono. Io sono entrato nel campo Rom di Giugliano, che si trova in mezzo a tantissime discariche, a norma e abusive, una situazione terribile, un posto in cui non si potrebbe vivere e che invece ospita tantissime persone. Che quotidianamente continuano ad accumulare rifiuti, spesso li bruciano, e sono letteralmente sommersi dai rifiuti e dai cattivi odori.

Cosa ti ha colpito di più di questa esperienza?

La cosa più drammatica è la presenza di tantissimi bambini – ogni famiglia ha tre, quattro figli –, che vivono nell’immondizia, tra i topi. Sono ragazzini che hanno davanti un futuro difficilissimo, fatto di stenti, di elemosina, zero cultura, tantissime difficoltà. Noi continuiamo a trattarli come stranieri, ma magari alcuni di loro sono in Italia da venti, trent’anni. Parlare con loro e mostrare la realtà di questi luoghi è stato molto importante, raccontando storie senza filtri, e soprattutto senza sensazionalismi.

I social network hanno cambiato il tuo modo di lavorare?

Facebook e i social network in generale amplificano clamorosamente ogni contesto e comunicazione, nel bene e nel male. Io ne prendo l’aspetto positivo che si manifesta sotto una continua rete di segnalazione da parte di tutti gli utenti che seguono me e Striscia. È come avere una serie di reporter dappertutto. In questo modo riusciamo ad avere tante informazioni in diretta dal territorio. Allo stesso tempo i social network e le mail sono il modo più diretto per sentire anche come reagiscono le persone ai servizi, a farci capire di cosa le persone hanno bisogno, gli umori e le opinioni del pubblico. Questo è importantissimo quando devi fare un prodotto di massa, come appunto un servizio di Striscia la notizia.

Cosa fa Luca Abete tutti i giorni per essere più sostenibile?

Ogni giorno mi innamoro del mondo, e lo rispetto. La persona che ama l’ambiente non è solo quella che fa la differenziata, ma è quella innamorata dell’ambiente che ha intorno. Io quando sono in giro mi incanto a guardare una collina verde, un tramonto, abbiamo la grande fortuna di avere posti bellissimi nel nostro paese. Non abbiamo bisogno di effetti speciali, abbiamo tutto ciò che può riempire l’anima e riempire il cuore. Molto spesso andiamo di fretta e non riusciamo a cogliere il grande valore di questo miracolo. Poi, l’amore per l’ambiente è legato anche all’amore per se stessi. Io sono molto attento all’alimentazione, mangio cibo quanto più sostenibile possibile, biologico e sano, senza esagerare e senza sprecare soprattutto.

E non dimentichiamoci che amore per l’ambiente è anche amore per gli altri, si manifesta anche nei rapporti umani. Una realtà in cui le persone si sostengono, in cui c’è rispetto, non c’è razzismo, è il punto di partenza per creare equilibrio tra la natura e i suoi ospiti, che siamo noi.

 

 

 

Antonio Benforte

Vice-presidente dell'associazione culturale, scrive su Econote.it dal 2008. Giornalista e social media manager, crede nelle potenzialità della rete e in un mondo migliore, e nel suo piccolo si impegna ogni giorno per renderlo tale.

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