Biodiversita’ infinita

Secondo un rapporto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla biodiversità negli ultimi dieci anni sono state scoperte nel territorio della Foresta Amazzonica circa 1200 specie. L’Amazzonia è una regione fondamentale per l’equilibrio dell’intero ecosistema mondiale, si estende per una superficie che corrisponde a circa il doppio di quella europea, tuttavia, solo negli ultimi 50 anni, l’uomo ha distrutto il 17% di questo così detto “Polmone Verde”.

Il rapporto è stato presentato dal WWF alla Conferenza Mondiale sulla biodiversità di Nagoja , Giappone, ma non comprende nei suoi dati gli studi relativi agli invertebrati che da soli rappresentano il 90% degli animali che abitano la foresta pluviale. Il rapporto offre il quadro di una varietà di forme di vita senza pari in tutto il pianeta, una ricchezza biologica quasi senza fine fortemente minacciata dalle attività umane. Per la precisione, riguardo alle nuove scoperte degli ultimi dieci anni, parliamo di: 257 pesci, 637 piante, 39 mammiferi (di cui 6 nuove scimmie) 216 anfibi e 55 rettili.

Tra i principali motivi che hanno portato alla distruzione del 17% di questo paradiso vi è lo sviluppo dei mercati globali di carne, combustibili e soia, cause principali dell’incremento della domanda di nuovi terreni liberi da poter sfruttare. In particolare il crescente consumo di carne è uno dei fattori determinati, secondo le stime, infatti, ben l’80% delle zone deforestate sono state destinate ai pascoli per il bestiame. A questo si sommano dighe e altre imponenti costruzioni (ad esempio le strade) realizzate senza alcun provvedimento per valutare e arginare l’impatto ambientale.

Francisco Ruiz, Responsabile dell’Iniziativa Living “Amazon” del WWF  afferma che «il rapporto presentato mostra quanto dobbiamo ancora apprendere riguardo a questa regione unica e cosa potremmo perdere se non cambieremo il nostro modo di concepire lo sviluppo […]” e ribadisce come sia ugualmente importante riuscire a garantire benefici economici, sociali e ambientali ai popoli che vivono quelle regioni. Se non capiremo in tempo che il “sistema mondo” è complesso e soprattutto interconnesso non saremo in grado di attuare delle politiche di consumo consapevoli della necessità di un concetto che dovrebbe essere il fulcro dell’intero processo produttivo: la sostenibilità.