Calore! da Lankelot

Ancora Monbiot, ancora Lankelot.

Voglio aggiungere anche l’intervista al fondatore, per farvi conoscere ancora meglio Lankelot. Eccovi l’intervista a Gianfranco Franchi.

Il libro di oggi è “Calore!” di George Monbiot, giornalista, ambientalista e attivista politico inglese che scrive per “The Guardian”. Premio Global 500 (Onu) per il suo impegno a favore dell’ambiente. Di cui abbiamo già postato “Apocalisse quotidiana“.

[…]“Heat: How To Stop The Planet Burning” è un manifesto programmatico e un libro di denuncia: catastrofico, violento, lucido e credibile. Argomento, il riscaldamento globale: la concentrazione di anidride carbonica sta attraversando un aumento che si direbbe senza precedenti, per quanto è vertiginoso, per via anche – a quanto pare – del nostro straordinario consumo di combustibili fossili. Un ritmo “superiore rispetto a qualsiasi altro periodo negli ultimi 20.000 anni. L’unico motivo per cui si può essere accumulata tanto rapidamente è l’intervento umano: viene prodotta dalla combustione del petrolio, del carbone e del gas oltre che dalla deforestazione, mentre il metano viene rilasciato dalle fattorie, dalle miniere di carbone e dalle discariche” (p. 24). Pensate: il consumo di carbone nello United Kingdom, nell’intero 1585, equivale a quanto ne serve oggi in mezzora. Ma la gente sembra non volerne sapere…

Effetti? Il rischio è un intollerabile aumento della temperatura sino a 10-11 gradi. Basterebbe aumentasse di sei gradi per restituirci un’esperienza vecchia 251 milioni di anni. Siamo all’altezza del Permiano. Laddove sembra svanirono il novanta percento delle specie (cfr. p. 36 e ss.), e la “produttività” del mondo crollò.

Monbiot, qualche anno fa, riteneva che non se avremmo ridotto i gas serra dell’80 percento, il pianeta sarebbe andato incontro a un rapido e drastico surriscaldamento: oggi aggiorna il dato al 90 percento. In questo libro, chiaramente e tristemente apocalittico, lo scrittore inglese ribadisce che viviamo a un passo dalla catastrofe ecologica: dobbiamo batterci perché le temperature medie globali non superino di oltre i 2 gradi i valori preindustriali. Mancano 1,4 gradi.
Per questo, propone una combinazione di efficienza energetica e nuove tecnologie per ridurre del 90 percento le emissioni mantenendo almeno luci e riscaldamento nelle nostre case (p. 192: pannelli solari e non solo…): per questo, analizza ogni contesto delle nostre esistenze – case, strade, trasporti aerei – proponendo soluzioni interessanti e innovative. Avvertendo dei rischi del nucleare (p. 130), del disastro climatico figliato dai costosissimi viaggi in aereo e dalle alte velocità (“se volate, distruggete la vita degli altri”, p. 253) parlando delle tre parole magiche, perché naturali: vento, onde, sole. Ricordandoci, ad esempio, che l’elettricità solare del Sahara potrebbe bastare all’intera Europa. Parlando dell’idrogeno, e del progetto dell’Internet dell’energia, suggerisce un viatico affascinante:

“L’Internet dell’energia produce piccole quantità di energia ovunque. Invece di utilizzare cavi di trasmissione a lunga distanza, non fa altro che collegare tra loro centinaia di microgeneratori all’interno di una rete di distribuzione locale. Con l’aiuto di un nuovo genere di azienda elettrica, le persone acquistano l’elettricità e il calore da minuscole centrali costruite per servire i loro complessi edilizi oppure, di fatto, gli uni dagli altri. La rete locale dovrebbe essere più o meno autosufficiente, ma collegata ad altre reti locali per aumentarne la sicurezza” (p. 171).

Diverse multinazionali (Exxon, magari tramite il negazionista JunkScience.com, Philip Morris) hanno avviato campagne di controinformazione spesso fondate su articoli di dubbia scientificità ma paradossale massima circolazione, per dimostrare tesi opposte e tutelare i propri interessi: Monbiot ribadisce che dobbiamo informarci tramite quelle riviste, come “Science” e “Nature”, che pubblicano articoli previa revisione paritaria. La peer review è una valutazione incrociata fatta da specialisti. E insiste: dobbiamo entrare in azione. L’informazione e la propaganda via web non sono sufficienti. Per questo, è necessario non fondare nuove organizzazioni, ma supportare quelle già esistenti. Il libro ne elenca diverse; in calce all’articolo ho evidenziato quelle italiane. Informiamoci e cerchiamo di darci una mossa.

L’autore evidenzia l’ipocrisia di quegli ambientalisti estranei alla coerenza tra teoria e azione: è necessario cambiare stile di vita, per contribuire al cambiamento. Ricordando che non sempre ciò che è piacevole è valido.
Spiegandoci che il mondo, come l’abbiamo conosciuto, sembra un patto faustiano: abbiamo azzerato o quasi le distanze, consumando energia a più non posso, prendendoci gioco dei nostri limiti e mancando di rispetto al pianeta. A breve il pianeta chiederà il conto.

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