Appunti di sostenibilità dal Giappone

Viaggiare apre la mente e spesso migliore è il viaggio, più numerose sono le idee e gli spunti di riflessione che portiamo a casa con noi.

Qualche settimana fa sono stata in Giappone, un tour del centro-sud del Paese con diversi punti in comune con quello di Nicola Chiarizia. Girando per le strade delle sue megalopoli, è stato inevitabile non rimanere colpiti da alcune buone pratiche di sostenibilità che sarebbe interessante imitare.

Che lo stato nipponico sia famoso per il suo ordine e la sua pulizia non è una novità, ma come fa a essere così?

Un esempio significativo è rappresentato dalla gestione dei rifiuti: in Giappone non esistono cestini dell’immondizia. In città non troverete né cestini né cassonetti. Questo perché per i rifiuti domestici c’è la raccolta porta a porta e per il resto…non c’è un resto. Semplicemente non si produce quasi altro tipo di rifiuti.

Non si mangia per strada. Lo streetfood viene consumato vicino al locale o alla bancarella che lo cucina e i contenitori ( pochi usa-e-getta) vengono riconsegnati al venditore o buttati nel minuscolo cestino messo a disposizione dai proprietari.

Per le bevande, invece, ogni decina di metri si può trovare una vending machine. Ognuna di queste è dotata di un vano per la raccolta delle bottiglie in PET e nel foro del cestino, delle esatte dimensioni delle bottigliette da mezzo litro, è praticamente impossibile gettare altro.

Molto comune è mangiare in treno, in quel caso i rifiuti sono raccolti da una hostess che passa con un carrello apposito, oppure possono essere buttati nei cestini della raccolta differenziata che si trovano esclusivamente sulla banchina tra i binari.

Anche i tornelli della metropolitana e le obliteratrici degli autobus contribuiscono all’ordine: al momento della convalida i biglietti monocorsa o esauriti vengono fagocitati dalle macchinette, evitando ai passeggeri il compito di cercare una pattumiera per sbarazzarsene o la tentazione di “lasciarli cadere” a terra.

A Shirakawa-go, piccolo villaggio tradizionale patrimonio Unesco, l’assenza di cestini è una scelta di sostenibilità dichiarata con consapevolezza dai cartelli che accolgono i visitatori all’ingresso del villaggio.

Dal Giappone torniamo consapevoli che organizzazione e scelte politiche mirate devono necessariamente viaggiare di pari passo. Solo la cooperazione dei due fattori, l’educazione a modelli di consumo più responsabili e la progettazione di infrastrutture adeguate e funzionali, può dare vita a una risposta così efficace.

Giulia Gaido

Designer, specializzata in Ecodesign al Politecnico di Torino. Crede nel progettare “dal cucchiaio alla città”, meglio quando il cucchiaio è compostabile e le città sono molto verdi. Si interessa di cambiamenti climatici ed è fissata con la resilienza. Attualmente fa la grafica. Sogna un mondo più sostenibile e umani migliori. Ama viaggiare, fotografare, fare (e disfare) lavori a maglia e godersi le “sue” montagne.

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Giulia Gaido

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