Il turismo che non paga - Nadotti

Il turismo che non paga: recensione del libro di Cristina Nadotti

Articolo aggiornato il 6 Maggio 2025

Il turismo che non paga, scritto dalla giornalista Cristina Nadotti e pubblicato da Edizioni Ambiente nella collana VerdeNero, è un saggio denso e profondo che affronta con sguardo critico la trasformazione del turismo contemporaneo in Italia. In un’epoca in cui l’overtourism genera impatti sempre più pesanti, il libro ci invita a riflettere sul vero costo delle vacanze low-cost e di massa.

Una copertina simbolica: turismo fuori contesto

La copertina del libro – due ciabatte da mare sulla neve – è un’immagine forte e volutamente straniante. Simboleggia il cortocircuito tra turismo e territorio: sempre più spesso si viaggia senza preparazione, senza rispetto, con leggerezza. Come accade ad esempio sul Vesuvio, dove turisti salgono con scarpe inadatte, inconsapevoli del contesto naturale che stanno attraversando.

Turismo e PIL: un’illusione economica?

Il mito del turismo come motore economico

In apertura, il libro demistifica un luogo comune: quello del turismo come “oro” dell’economia italiana. Politici e amministratori parlano di un settore che vale oltre il 13% del PIL, ma in realtà – spiega Nadotti – il turismo non è facilmente quantificabile, perché attraversa settori diversi e genera introiti spesso indiretti.

È ancora valido il PIL come indicatore?

Cristina Nadotti propone anche una riflessione provocatoria: forse è giunto il momento di superare il PIL come unico indicatore di benessere e sviluppo. In un mondo in crisi ecologica e sociale, servono nuovi strumenti di misurazione, capaci di includere sostenibilità, qualità della vita e impatto sociale.

Lavoro nel turismo: precario, stagionale e invisibile

Uno dei capitoli più forti del libro riguarda le condizioni di chi lavora nel settore turistico. A fronte di grandi guadagni per pochi, milioni di persone vivono di lavoro stagionale, sottopagato, senza tutele. Si parla delle addette ai piani degli hotel, lavoratrici invisibili ma fondamentali, che operano in un sistema spesso grigio o addirittura nero.

Il turismo di massa genera ricchezza? Sì, ma solo per alcuni. Per altri, è sfruttamento e precarietà.


I territori svuotati dal turismo

Firenze e il paradosso della città-museo

Nel capitolo I vicini non abitano più qui, l’autrice racconta il caso di Firenze, dove interi condomini sono stati riconvertiti in B&B e case vacanza. Gli abitanti storici sono stati spinti fuori dal centro, trasformando la città in una vetrina per turisti, ma priva di vita autentica.

Firenze, come molte città d’arte italiane, è ormai un parco tematico per visitatori, con servizi spesso carenti e un’identità culturale sacrificata.

Il caso Scalea: estate affollata, inverno deserto

Altra riflessione significativa riguarda località come Scalea, in Calabria: costruite per accogliere masse di turisti estivi, vengono poi abbandonate per il resto dell’anno. Il risultato è un consumo insostenibile di suolo, acqua, risorse pubbliche, con territori desertificati sul piano sociale ed economico.


Infrastrutture al limite: trasporti, sanità e servizi

Trasporti non sostenibili

Il turismo di massa sovraccarica i trasporti locali. Un esempio? I crocieristi che sbarcano a Civitavecchia per visitare Roma: si ritrovano a viaggiare su mezzi pubblici già affollati dai pendolari, creando disagi per tutti.

Sanità e sicurezza sotto stress

Con l’arrivo dei turisti, anche i servizi sanitari locali vanno in crisi. Pronto soccorso affollati, mancanza di personale, strutture non dimensionate per ospitare flussi straordinari. E quando mancano medicina di prossimità e sicurezza urbana, il territorio ne paga il prezzo.


Le reazioni all’overtourism

Barcellona, Napoli e la protesta sociale

Le proteste contro l’overtourism sono ormai una realtà diffusa. A Barcellona, i cittadini hanno spruzzato i turisti con pistole ad acqua. In molte città, cresce il malcontento contro Airbnb selvaggi e affitti alle stelle che rendono impossibile vivere nei centri storici.

A Napoli, la città dove vivo, questa dinamica è evidente: il centro è diventato una giostra gastronomica permanente, fatta di street food, paccottiglia e souvenir. La città reale viene spinta ai margini da una finzione turistica sempre più totalizzante.


Turismo come economia di estrazione

Cristina Nadotti definisce il turismo attuale una “economia di estrazione”, come l’industria del petrolio. Si prende valore dai territori finché ce n’è, poi si passa oltre. Ma così si consumano le città, si snatura l’identità dei luoghi, si svuotano le comunità.

Il futuro del turismo non può che essere sostenibile, rigenerativo, rispettoso dei limiti ambientali e delle persone. Bisogna cambiare rotta.

Il turismo che non paga è un libro che tutti dovrebbero leggere: amministratori pubblici, operatori turistici, viaggiatori consapevoli. Perché non possiamo più permetterci un turismo che distrugge ciò che lo rende possibile.

Se amiamo davvero i luoghi che visitiamo, impariamo a rispettarli. Il turismo deve tornare a essere un atto di reciprocità, non di consumo.


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