Venditore di fumo

Nel 1997 il Protocollo di Kyoto ha stabilito il tetto massimo di anidrite carbonica che ogni industria può produrre, per il funzionamento di questo accordo i paesi firmatari hanno assegnato alle imprese delle quote massime di CO2 producibili ogni anno. Ma se una industria si dimostra particolarmente virtuosa da non raggiungere il limite prefissato, può vendere ad altre aziende che invece hanno sforano con le emissioni di gas serra il proprio credito . Per regolare questo diritto ad inquinare un ex docente della Berkeley, Richard Sandor, fonda nel 2005 la prima vera Borsa del carbon trading: la European Climate Exchange. In questo mercato si effettuano in media quattromila contratti al giorno, si può arrivare però fino a quindicimila transazioni e le stime economiche per l’anno in corso sono, secondo gli analisti, di circa 63 miliardi di euro.
Il meccanismo è uguale a qualsiasi altro tipo di scambio mercantile, solo che in questo caso è il fumo a diventare merce. Ipotizziamo che una centrale di carbone tedesca non riesca a rispettare le quote di emissione di CO2 stabilite dal suo Paese, potrà comprare delle quote inutilizzate di una acciaieria norvegese che invece è riuscita a rientrare nei limiti. In questo modo quindi non rinuncerà al volume produttivo e adempierà allo stesso tempo agli impegni ambientalisti assunti nel suo Paese. Sandor per molti è una figura ambigua e difficilmente definibile, un abbraccia-alberi per la destra un capitalista senza scrupoli per la sinistra. Mentre la Terra aspetta i sui dividendi di fronte a questo ennesimo trionfo del capitalismo transazionale, potrebbero debuttare a breve le Borse del Clima in Giappone e negli U.S.A., ancora in attesa della ratifica del Protocollo

G.E.

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