Disastro ambientale in Cina

Articolo aggiornato il 21 Settembre 2017

Dall’altra parte del mondo, dopo la marea nera nel Golfo del Messico, un altro disastro ambientale. Ancora da analizzare bene le cause e le colpe, ma è stato quasi di sicuro una manovra sbagliata durante uno scarico di petrolio a causare l’esplosione dell’oleodotto che venerdì scorso, a Dalian, ha causato la fuoriuscita in mare e sulla costa di 1.500 tonnellate di greggio.

E ora la costa a nordest della Cina vive una situazione simile a quella americana, sebbene l’oleodotto del porto cinese sia stato riparato e la zona interessata sia più piccola, infatti, il danno per il mare è già stato provocato. Ieri il porto è stato riaperto, 400 tonnellate di petrolio sono già state recuperate dal mare, ma più di 500 km quadrati d’acqua e un lunghissimo tratto di costa sono state inquinate. Infatti la pesca è proibita nella zona almeno fino ad agosto. Moltissima la gente al lavoro, negli scorsi giorni, per cercare di sconfiggere la marea nera di petrolio: persone che anche a mani nude, senza protezioni, hanno provato a ripulire le coste dall’oro nero.

E intanto, Greenpeace ha monitorato tutto, con foto e articoli che hanno testimoniato sia la forza-lavoro a disposizione di questo disastro (soldati, navi, pescherecci), sia l’atteggiamento evasivo e poco collaborativo del governo. Nelle operazioni di pulizia è anche morto un vigile del fuoco, annegato.

Sarà tutto vero o dalla Cina cercano di nascondere un disastro più grave di quello che sembra dalla tv e dalle agenzie di stampa?

Foto da Greenpeace.