Disastro ambientale in Cina

Dall’altra parte del mondo, dopo la marea nera nel Golfo del Messico, un altro disastro ambientale. Ancora da analizzare bene le cause e le colpe, ma è stato quasi di sicuro una manovra sbagliata durante uno scarico di petrolio a causare l’esplosione dell’oleodotto che venerdì scorso, a Dalian, ha causato la fuoriuscita in mare e sulla costa di 1.500 tonnellate di greggio.

E ora la costa a nordest della Cina vive una situazione simile a quella americana, sebbene l’oleodotto del porto cinese sia stato riparato e la zona interessata sia più piccola, infatti, il danno per il mare è già stato provocato. Ieri il porto è stato riaperto, 400 tonnellate di petrolio sono già state recuperate dal mare, ma più di 500 km quadrati d’acqua e un lunghissimo tratto di costa sono state inquinate. Infatti la pesca è proibita nella zona almeno fino ad agosto. Moltissima la gente al lavoro, negli scorsi giorni, per cercare di sconfiggere la marea nera di petrolio: persone che anche a mani nude, senza protezioni, hanno provato a ripulire le coste dall’oro nero.

E intanto, Greenpeace ha monitorato tutto, con foto e articoli che hanno testimoniato sia la forza-lavoro a disposizione di questo disastro (soldati, navi, pescherecci), sia l’atteggiamento evasivo e poco collaborativo del governo. Nelle operazioni di pulizia è anche morto un vigile del fuoco, annegato.

Sarà tutto vero o dalla Cina cercano di nascondere un disastro più grave di quello che sembra dalla tv e dalle agenzie di stampa?

Foto da Greenpeace.