L’Italia prima in Europa per riuso dei rifiuti urbani e lotta al “marine litter”: tutti i dati

La produzione di imballaggi e oggetti in plastica cresce ad un ritmo vertiginoso in tutto il mondo e così anche quella dei rifiuti immessi nell’ambiente: secondo uno studio congiunto pubblicato da ricercatori della University of Georgia, della University of California e della Santa Barbara and Sea Education Association, ogni anno vengono generati oltre 400 milioni di prodotti in plastica, un trend che nel 2050 potrebbe portare la quota dei materiali inquinanti dispersi nell’ambiente alla spaventosa cifra di 12 miliardi di tonnellate.

Particolarmente importante, poi, la quota di rifiuti in plastica che ogni anno finisce in mare: ben 8 milioni di tonnellate.

Il fenomeno del cosiddetto “Marine Litter” è oggi tra i più attentamente monitorati dagli studiosi: la formazione di vere e proprie isole galleggianti di rifiuti nell’oceano pacifico è solo una delle testimonianze della crescita esponenziale di un problema che riguarda tutte le nazioni del mondo.

Tra gli aspetti che oggi destano le maggiori preoccupazioni c’è la sempre maggiore diffusione delle microplastiche, minuscole particelle di materiale plastico ormai presenti nelle catene alimentari e nelle acque di tutto il mondo.

Riciclo ed economia circolare rappresentano l’unica vera risposta all’annoso problema dei rifiuti in plastica: se divisi con cura dagli altri rifiuti urbani, contenitori e imballaggi (e non solo) possono essere trattati e trasformati in nuova materia prima, invece che in scarti destinati alla discarica.

Al vantaggio diretto legato alla diminuzione dei materiali da smaltire, si aggiungono ulteriori benefici per l’ambiente, quali il minore consumo di materie prime e la riduzione dell’impatto di tutte le attività legate al trasporto e allo stoccaggio dei rifiuti.

Materiali plastici come l’HDPE (ovvero il polietilene ad alta densità) e il PP (il polipropilene) in molti casi possono essere rifusi e utilizzati nuovamente per realizzare una miriade di prodotti: dai tessuti sintetici agli elementi di arredo, passando per flaconi e contenitori di ogni genere.

Naturalmente, non tutti i prodotti in plastica possono essere riciclati: i contenitori venuti a contatto con prodotti alimentari, ad esempio, spesso non possono essere impiegati nuovamente, specie se caratterizzati da una struttura porosa.

Allo stesso modo, gli speciali contenitori in plastica progettati per il trasporto dei liquidi alimentari, sempre più diffusi in virtù della loro convenienza e dall’ottima igiene garantita, rientrano nell’ambito dei prodotti che richiedono l’impiego di materie prime vergini, al fine di evitare qualsivoglia rischio di contaminazione e di garantire sempre che le pietanze non subiscano alcuna alterazione sotto il profilo organolettico.

Negli ultimi decenni, l’Italia ha compiuto passi da gigante sul fronte del corretto smaltimento dei rifiuti, grazie a campagne volte a sensibilizzare la cittadinanza circa l’importanza della raccolta differenziata dei rifiuti, attraverso un potenziamento delle municipalizzate coinvolte nella gestione della nettezza urbana, nonché al lavoro dei consorzi e delle imprese attive nel recupero dei materiali e nel loro riutilizzo.

Secondo le stime Eurostat, in Italia, in media il 76,9% dei rifiuti viene correttamente avviato al riciclo. Questo dato colloca il Bel Paese in testa alla classifica dei paesi virtuosi dell’Unione Europea, superando persino realtà come la Germania, la Francia e il Regno Unito.

Il dato è senza dubbio molto incoraggiante, anche se è giusto sottolineare che in diversi stati dell’Europa del nord la gestione dei rifiuti urbani risulta altrettanto virtuosa, ma finalizzata al recupero di combustibile per la produzione di energia all’interno dei termovalorizzatori.

Ad oggi, la situazione più critica si registra nei paesi dell’Europa dell’Est, dove la raccolta differenziata è ancora poco diffusa e la maggior parte dei rifiuti finisce in discarica.

La commissione ambiente del Parlamento Europeo nei primi mesi del 2018 si occuperà di passare al vaglio un pacchetto contenente nuove direttive in materia di gestione dei rifiuti, tra cui quella che potrebbe innalzare al 65% il valore minimo degli scarti urbani avviati al riciclo nei paesi dell’Unione (fissando al 2035 il limite per il raggiungimento di questo obiettivo).

A confermare la leadership dell’Italia nel comparto del riuso dei materiali di scarto sono anche i numeri contenuti nell’interessante rapporto “L’Italia del Riciclo 2017”. Nell’anno appena concluso, la quantità di rifiuti immessi nel ciclo virtuoso del riciclaggio è aumentata del 3%, raggiungendo gli 8,4 milioni di tonnellate di materiali recuperati e portando il valore complessivo del comparto a 23 miliardi di euro (una somma che equivale all’1% del PIL italiano).

Stando ai dati rivelati da uno studio del Consorzio Corepla e di Legambiente, la quantità di rifiuti in plastica recuperati in Italia continua a crescere di anno in anno: sul totale delle 960mila tonnellate di plastica raccolte nel corso del 2017, 550mila sono state impiegate per la produzione di nuovi beni.

Nonostante gli ottimi risultati ottenuti sul fronte del riciclo, anche i mari e le spiagge italiane vedono aumentare le conseguenze del marine litter: un recente studio sullo stato di salute delle coste del Bel Paese rivela un importante aumento dalla quota di rifiuti che inquinano i litorali, con in testa quelli in plastica. In particolare, il rapporto stilato dall’Enea sottolinea la diffusa presenza di oggetti piccoli ma insidiosi, come i bastoncini dei cotton-fioc, che si stimano presenti in oltre 100 milioni di pezzi lungo le coste italiane.

Un altro fenomeno che non manca di destare preoccupazione riguarda invece l’aumento delle microplastiche disperse nell’ambiente: i microscopici granelli e le piccolissime fibre rilasciate da indumenti ed altri oggetti di uso comune, come pure il pulviscolo liberato dagli pneumatici e dilavato dalle strade, inquinano ormai fiumi, laghi, mari e falde acquifere, con conseguenze sulla saluta umana in buona parte ancora indefinite.

Nell’ottica di porre un freno al dilagare delle microplastiche, a partire dal gennaio 2019 in Italia sarà messa al bando la produzione e la distribuzione di cotton-fioc non realizzati in materiale biodegradabile, mentre a partire dall’anno successivo quella di cosmetici e detergenti contenenti granuli di materiale sintetico.

Infine, impossibile non citare i progetti primo e secondo classificati nel contest IH Fellowship on Ocean Cleanup, che si è occupato proprio di selezionare i più brillanti progetti ideati per contrastare il problema dell’inquinamento marino causato dai rifiuti in plastica.

Vincitrice del concorso la start-up Gr3n, ideatrice di un nuovo processo di lavorazione che rende possibile il riuso multiplo di determinate tipologie di plastiche, e SEADS, autrice invece di un progetto per il filtraggio, il recupero ed il riciclo delle microplastiche, attraverso un sistema di barriere e bacini fluviali.