Rane e rifiuti

Sono state evidenziate mutazioni genetiche nelle rane, dobbiamo preoccuparci? E perchè? Le rane sono le sentinelle ambientali, se il loro DNA viene compromesso questo ci allerta sull’esistenza di problemi molto più grandi. L’argomento è complesso e cercheremo di riprenderlo anche nei prossimi giorni. In questo difficile discorso ci accompagna Mattia Sansone, studente di Biotecnologie per la salute, che ringraziamo.

Una recente indagine condotta su alcune zone Campane da ricercatori del Dipartimento di Biologia strutturale e funzionale della Federico II e dell’Università di Caserta, ha evidenziato un importante quanto grave fenomeno. A farne le spese sono le rane locali il cui DNA risulta alterato da mutazioni. Per quanto le rane possano apparirci organismi tanto lontani da noi è bene fare delle considerazioni su cosa effettivamente questo evento significhi.

Il DNA è una macromolecola organica, chiamata “il codice della vita”, caratterizzata da una notevole mutevolezza. Questa flessibilità è alla base dei processi evolutivi e di quelli determinanti l’individualità di ogni organismo vivente. Le mutazioni, insomma, avvengono spontaneamente in natura (buone e cattive). Ci sono però agenti (chimici e fisici) che sono detti mutageni, poiché inducono cambiamenti nel DNA alterandolo. Tali alterazioni possono avere diverse gravità.


Pensiamo al DNA come un enorme libro d’istruzioni, che indica in ogni dettaglio com’è fatto un organismo. Ogni parola ha un significato preciso e non può cambiare più di tanto. Se iniziamo a cambiare a caso le parole del testo, le istruzioni diventeranno errate e di conseguenza i componenti dell’organismo, non vengono ben costruiti e diventando quindi non funzionali e addirittura dannosi. Questo è quello che accade generalmente con mutazioni nella sequenza del codice genetico del DNA. Immaginiamo ora che invece di cambiare semplicemente parole a caso, iniziamo a strappare pagine, riducendo a brandelli le istruzioni. Le cellule dell’organismo non avranno più modo di lavorare e quindi chiuderanno bottega (o meglio…moriranno). Questo è quello che accade in mutazioni strutturali del DNA, che vanno dunque a devastarlo senza possibilità d’appello (fortunatamente, gli organismi dispongono di macchinari in grado di riparare alcuni gradi di “rotture” nel proprio genoma).

I famosi agenti mutageni non sono nient’altro che sostanze chimiche o agenti fisici (come le radiazioni ad alta energia) che sono si presenti in natura, ma che vengono in grande parte prodotti dalla scarsa lungimiranza delle azioni umane.

Ritornando al caso specifico, il trattamento inadeguato dei rifiuti urbani e ancora di più di quelli speciali produce grosse quantità di mutageni che si diffondono nell’ambiente.

Ma che c’entrano le rane in tutto questo? Questi animali, come molti altri, fungono da “sentinelle ambientali”, indicando il grado d’inquinamento da sostanze mutagene prodotte dall’uomo. Se nelle zone di Regi Lagni a Nola-Cimitile, Ischitella in provincia di Caserta e nella Piana del Sele ad Eboli (luoghi dell’indagine), si sono riscontrate tali anomalie, vuol dire che il grado di genotossicità è molto alto e che non solo le rane, ma tutti gli esseri viventi nei pressi delle località sono a rischio mutazioni.

Ciò rafforza il legame di causalità (come se ce ne fosse bisogno) che c’è tra l’incidenza dei tumori in Campania e la sua disastrosa situazione ambientale. Infatti si ricorda che secondo lo studio condotto dalla rivista scientifica The Lancet Oncology (vol. 5, n. 9, settembre 2004) il tasso di mortalità per tumore risulta molto più alto in Campania (in particolar modo nel Triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano) rispetto alle altre Regioni Italiane.