Il ritorno al nucleare in Campania

Stefano Caldoro ha vinto le elezioni regionali diventando il nuovo presidente della regione Campania. Al di là delle appartenenze politiche, la prima cosa che ci sta a cuore (a me personalmente, ma credo anche a tutto il gruppo che collabora a Econote) è la nostra regione, e di conseguenza le dichiarazioni in tema di ambiente e ecologia delle parti politiche diventano molto importanti.
Ed è quindi con amarezza che apprendiamo, da una dichiarazione di Caldoro, che l’apertura al nucleare riguarderà molto da vicino la nostra regione: “Interverremo sul costo dell’energia, realizzeremo le opportune infrastrutture e individueremo grandi obiettivi strategici. Punteremo sulle energie rinnovabili e ci apriremo al nucleare”.

Cosa significa “apertura al nucleare”? Significa, come sottolineato anche dai Verdi in campagna elettorale, che tra le varie decisioni in tema di “ritorno al nucleare” (come l’apertura di una centrale a Montalto di Castro in provincia di Viterbo,  Caorso e Trino Vercellese), ci sarà anche quella di usare come deposito nazionale di scorie radioattive il paese di Garigliano, in provincia di Caserta, già sede di una centrale nucleare, costruita nel 1959 e chiusa nel 1982 (cinque anni prima del referendum sul nucleare). Una zona già devastata da malformazioni genetiche, tumori e leucemie. Solo una strana coincidenza? Non è il nucleare che vogliamo, ma soprattutto non vogliamo scorie nucleari nella nostra regione, per di più in una località già rovinata, nel corso degli anni, dalla politica del nucleare.
E allora c’è solo da dare ragione al leader dei Verdi Angelo Bonelli, che ha consigliato di costruire nuove centrali nucleari a Villa Certosa, Arcore, e Montecitorio.
Per capire meglio di cosa parliamo quando parliamo di Garigliano, consigliamo la visione dell’intervista di Antonio Ciano all’avvocato Marcantonio Tibaldi nel 2003, per TMO Gaeta e dell’interessante servizio andato in onda su Assud tv.