Gli effetti della pesca incontrollata

Negli ultimi decenni l’impatto del nostro stile di vita sul Pianeta è risultato sempre più evidente e più la popolazione aumento più questo si intensifica.

Uno degli habitat che prima di altri sta risentendo di un consumo violento e assolutamente non lungimirante è quello marino. I nostri oceani risentono oggi degli squilibri tra le specie causati dalla pesca incontrollata. Gli ecosistemi sono reatà complesse che al minimo cambiamento di alcune variabili producono risultati differenti ed è per questo che la riduzione di una o più specie può provocare sconvolgimenti in tutta la catena alimentare.


Nell’ultimo secolo i grossi predatori dei mari, come squali, merluzzi e tonni, sono stati tra le principali vittime della pesca incontrollata, questo ha provocato la crescita esponenziale delle specie più piccole come ad esempio acciughe e sardine.
Secondo i ricercatori della University of British Columbia negli ultimi 120 anni i grandi predatori si sono ridotti di due terzi e questo è evvenuto principalmente negli ultimi quarant’anni. La pesca intensiva ha quindi ribaltato completamente l’equilibrio marino permettendo la proliferazione di specie che si nutrono esclusivamente di plancton, questo a favore di un più facile sviluppo e diffusione di alghe marine.

Dal 1950 ad oggi il numero delle zone di pesca che hanno raggiunti il collasso è aumentato esponenzialmente e finchè gli allevamenti dei paesi industrializzati continueranno ad allevare pesci carnivori la situazione non potrà trovare un momento di rilassamento. Per nutrire salmoni, tonni e spigoli, infatti, servono altri pesci, che vanno quindi pescati; si calcola che servano da 2,5 a 5 kg di pesce pescato per “produrre” 1 kg di pesce allevato

L’ennesima dimostrazione di come crescita demografica e consumo non regolamentato stanno seriamente mettendo a repentaglio il futuro delle nostre risorse primare, sia naturali che alimentari. La rottura di un equilibrio comporta sempre delle “scosse di assestamento”, spesso anche profonde e durature; forse è questo che stiamo lasciando alle future generazioni? E se un “effetto farfalla” dovesse portare a conseguenze anche sulla terraferma non limitando conseguenze gravi della pesca incontrollata ai soli ecosistemi marini?