Il Parco dell’Etna: 3 storie di tradizione, magia e mistero.

Ci sono percorsi, viaggi, itinerari, che vanno al di là di loro stessi, che trasportano e trasmettono un carico di emozioni, di esperienze, che trascendono il viaggio stesso.
Ci sono storie dietro ogni viaggio, e ci sono tradizioni, usi, che li rendono unici, che li vestono di magia. Sono quelle storie che ti fanno sorridere di emozione e che ti mostrano il mondo sotto una luce diversa, una luce che magari per qualche giorno, per qualche momento, ti fa credere che in fondo qualcosa di umano, nell’umanità, è rimasto.
In realtà di umano, nell’Etna, c’è poco; al contrario, c’è molto di divino, di mito, di leggenda.
Quel capolavoro della natura che, con la semplicità e la spontaneità che contraddistingue i siciliani, viene da loro chiamato “a muntagna”, è un enorme contenitore di storie, ma soprattutto, è un contenitore di emozioni. Emozioni che, secondo il portale turistico trovavacanzesicilia.it, portano l’Etna ad essere, dopo Palermo, la meta più visitata in Sicilia, ed il territorio etneo al primo posto per ricerche di agriturismi in tutta l’isola.

Eppure, pensandoci su, si tratta di paesaggi lunari, roccia fusa e poi raffreddata, crateri estinti e sabbia lavica. Il colore nero che domina il paesaggio è quasi un messaggio di allarme, quasi un tracciato funereo lungo gli itinerari che lo attraversano. Ma in fondo, è un po’ come il deserto: sabbia, nient’altro che sabbia a perdita d’occhio. Dove sta, dunque, la magia? La magia sta proprio qua. Nel rispetto e nel terrore che suscitano, e ciononostante, nell’amore incondizionato che queste meraviglie, che potrebbero senza timore di smentita essere considerati dei portatori di morte, attirano a sé.

Un ospite particolare a cena
territory-etna-story-5-valle-del-boveSi, perché mai i siciliani si permetterebbero di maledire a muntagna. Lungo il percorso chiamato “Schiena dell’Asino”, in direzione della “Valle del Bove”, vi è il rudere di una casa, della quale è visibile solo il tetto e poco più, letteralmente travolta dalle colate laviche. Ebbene, il proprietario di questa casa, prima di andar via ed evacuare la propria dimora, imbandì la tavola, apparecchiando e lasciando un bicchiere di vino e del pane, ed andando via, non chiuse la porta, ma la lasciò spalancata. L’Etna stava arrivando a distruggere la sua casa, e lui l’accolse come il più rispettato degli ospiti. Come una divinità.

I Bivacchi dell’Etna
C’è un’altra storia, che in realtà è più un’usanza, una tradizione, che ci viene raccontata dai sentieri che attraversano il parco. L’immensa superficie (parliamo di circa 59 mila ettari) è disseminata qua e là di rifugi montani, di piccole capanne e bivacchi, con giusto un camino e un po’ di legna fuori: non sono gestiti, sono aperti ai viaggiatori ed agli esploratori del parco, secondo una logica di comunione che difficilmente si può trovare ancora in giro per il mondo. E il rispetto che si porta è in una regola non scritta, secondo cui non puoi lasciare nel bivacco meno di quanto hai trovato. E questo riguarda eventuali piccole scorte di cibo (se trovi una scatoletta di tonno e la mangi, devi lasciare qualcosa di equivalente) e pulizia. Ed è straordinario come da secoli questi bivacchi riescano a sopravvivere e ad essere ancora dei punti di riferimento per gli escursionisti.

Il mistero della Madonna della Sciara
L1040671Vi è infine un’altra storia. In realtà ce ne sarebbero infinite, ma forse questa più di altre dà contezza della magia che circonda il vulcano.
Vi è infatti, nel territorio del parco, un Santuario, detto della “Madonna della Sciara”. Si tratta di una piccola grotta sotterranea all’interno del quale vi è la statua di una Madonna. E fin qui, nulla di strano. Ma come è stata scoperta questa grotta?
Andiamo indietro di circa 400 anni. Ad una donna appare in sogno la Madonna, che le chiede di essere salvata e tirata fuori dal sottosuolo. Nonostante lo scetticismo e la diffidenza, la fede portò la donna ad armarsi di piccone e scavare nel punto che le era apparso in sogno. Quel punto era ricoperto da strati e strati di colate laviche solidificate, la sciara appunto, roccia particolarmente dura. Contro ogni pronostico, la popolazione locale sostenne la donna nella sua azione, e dopo mesi di scavi, scoprirono questo vecchio santuario: tutto quanto era stato divorato dalla lava, tranne la statua della Madonna, rimasta miracolosamente intatta, con solo le punte della corona bruciacchiate. Tutto intorno, distrutto.