Intervista al viaggiatore: Rocco Scamardella

Oggi riprendiamo la rubrica dell’Intervista al Viaggiatore con un bel percorso di vita e nel mondo, quello di Rocco Scamardella. Buona lettura

 

Ci conosciamo da tempo, ma ho subito sentito una particolare affinità per quello che riguarda la passione per i viaggi e il fatto che non ti spaventa cambiare vita, girare il mondo, provare nuove esperienze. Descrivici un po’ il tuo percorso…

Da ragazzo il mio sogno era quello di diventare un giornalista di guerra: immaginavo che raccontare il dolore e la sofferenza nel mondo potesse favorire un percorso volto ad una presa di coscienza dell’umanità tutta. Ho studiato quindi Comunicazione, poi mi sono specializzato in Giornalismo. Man mano che gli anni passavano, avvertivo quanto il mondo del giornalismo fosse così lontano da come lo avevo sempre immaginato: non ci si sporcava i panni nella polvere della strada per raccogliere notizie, per approfondire, per indagare. Avevo scoperto come il giornalismo non fosse molto diverso da un lavoro d’ufficio, con notizie che arrivavano al computer e quanto forti fossero le pressioni economiche e politiche dietro l’uscita di un determinato “pezzo”. Nel settembre del 2010, un paio di delusioni professionali mi spinsero a lasciare quella professione.  Un paio d’anni dopo, la mia voglia di non arrendermi alla disillusione mi portò ad approfondire la conoscenza della lingua inglese, con la speranza che un giorno potessi ritrovare nel giornalismo anglofono quello che avevo sempre sognato. Mi trasferii prima in Spagna, poi fu la volta del mio terzo soggiorno in Inghilterra. Nell’ottobre 2014 ero finalmente pronto a provarci: l’Università di Sheffield mi avrebbe aperto le sue porte per un MA in International Journalism a partire dal settembre del 2015. A dicembre 2014, però, vincendo un concorso, mi ritrovai con “il posto fisso”. Nella mia Napoli. Rinunciai al master, chiudendo il capitolo giornalismo. Nel frattempo, quello stesso “posto fisso” da così tanti venerato mi portò ad un passo dalla depressione: il lavoro non mi gratificava, mi alienava, rendendomi apatico a tutto. Dopo mesi di tira e molla, di scontri “ideologici” con la mia famiglia, rassegnai le mie dimissioni. Ripresi a viaggiare e, dopo qualche mese, tornai a lavorare nell’azienda di famiglia.

Cosa ti ha spinto a intraprendere i tuoi viaggi? so che hai lasciato un lavoro stabile, le tue certezze, per poi partire. come mai?

Sono una persona estremamente curiosa e con un’incredibile voglia di conoscere cose nuove: queste mie peculiarità sono alla base prima della scelta di essere un reporter, poi nel costante desiderio di viaggiare. Ho un enorme limite nell’impigrirmi nella routine e nella quotidianità: vivo dunque un’eterna lotta con me stesso nel cercare sempre nuovi stimoli.

Il lavoro stabile l’ho lasciato fondamentalmente perché credo che ogni persona debba fare le scelte che la rendano il più felice possibile. L’assenza di prospettiva, l’idea di vedere dinanzi a me un percorso già tracciato per decine di anni a venire, era la cosa che più mi logorava. Ho svolto lavori più umili e meno retribuiti, la differenza però spesso la fa l’idea di avere una prospettiva diversa, migliore. In alcuni momenti della propria vita bisogna tenere duro in attesa di tempi migliori. Ecco, io non riuscivo più a vedere tempi migliori. I viaggi successivi sono stati un po’ la medicina per curare il mio animo e la mia mente.

Come hanno preso le tue scelte amici e parenti? ti hanno appoggiato o altro?

Credo di poter tranquillamente affermare di aver sempre avuto il sostegno, morale ed economico, della mia famiglia. Sono fortunato da questo punto di vista. I miei genitori mi hanno sempre fornito gli strumenti affinché perseguissi nella ricerca di realizzare ogni mio sogno, perdonando anche qualche scelta errata che inevitabilmente sono andato a compiere. Gli unici contrasti sono nati proprio in seguito alle mie dimissioni dal lavoro di Pompei: non è facile accettare l’idea che si vada ad abbandonare un lavoro nel settore pubblico (praticamente) alla vigilia di un contratto a tempo indeterminato.

Giorno 5 - Favela do Vidigal e tramonto Ipanema (169)

Sei sempre stato un viaggiatore? Come è cambiato il tuo modo di viaggiare da quando hai cambiato vita?

25 anni. La mia età quando presi il mio primo aereo, un Napoli – Liverpool, che mi avrebbe portato a vivere la mia prima esperienza di vita all’estero. Ricordo benissimo quando arrivai all’aeroporto John Lennon:  mi sentii catapultato in un mondo sconosciuto, ostile. Nel bagno del terminal arrivi a stento riuscii a trattenere le lacrime. Avevo paura. E ne ebbi per giorni. Quell’inglese così ostico mi portò a chiudermi a riccio, a nascondermi sotto la sottana delle mie due coinquiline italiane: passarono sette/otto giorni prima che scambiassi una parola con una persona che non fosse una di loro due. Durante quei tre mesi viaggiai pochissimo, visitando solo Londra, Chester, Manchester e Southport. Ma quando tornai a casa realizzai di aver contratto un virus: la voglia di conoscere, di scoprire, di rapportarmi a quel diverso che a Liverpool mi fece tanto paura. Da adulto praticamente, ho scoperto la mia più grande passione.

Ho cambiato lavoro e città più di una volta. E di certo l’ultima scelta, quella di rinunciare ad un lavoro basato su una turnazione molto rigida e 3 settimane di ferie l’anno, va letta anche nella direzione di cercare una professione che mi fornisca un po’ più di libertà e gestione dei tempi liberi. A tre viaggi di 10 giorni l’uno, ora ne posso preferire uno di 30 giorni: il fattore tempo per un viaggiatore che vuole immergersi in una realtà è fondamentale.

Su Econote parliamo spesso di natura. Parliamo di quella che hai visto nei tuoi viaggi: Qual è il posto più bello che hai visto finora, naturalisticamente parlando?

C’è una fotografia che porto nel cuore: seduto su un divanetto di un bar, con i piedi praticamente sospesi nel vuoto e dinanzi a me il tramonto nello spettacolo naturalistico della Cappadocia, regione asiatica della Turchia. Ho risposto di getto forse, con la prima immagine che mi è venuta in mente, perché è realmente difficile fare una classifica delle bellezze nel mondo (fin qui conosciuto, e non). Rio è una città straordinariamente bella, New York ha degli scorci da toglier il fiato, ci sono posti in Europa a cui forse non diamo il giusto valore solo perché così poco inusuali ed esotici.

 Cappadocia (109)

Com’è il rapporto della gente che hai incontrato nei tuoi viaggi con la natura, l’ambiente, gli animali?

Appena si esce dai contesti urbani, ho sempre notato un gran rispetto degli indigeni con la natura del luogo. Non basta allontanarsi molto per verificare come certe realtà rurali ti riportino indietro negli anni, ad un tempo in cui l’uomo viveva in armonia con la natura. Dei posti visitati, comunque, è Rio de Janeiro quello in cui è più difficile descrivere il rapporto tra Uomo e Natura. La città carioca sorge praticamente all’interno di una foresta, dove grattacieli ultramoderni distano poche centinaia di metri da parchi cittadini che sono vere e proprie giungle, dove è facile imbattersi in cobra, scimmie ed uccelli. E che dire delle favelas:  case e strade che si inerpicano su colline ricche di vegetazione. L’impressione è che lì vada in scena una continua lotta tra l’Uomo e la Natura.

Su Econote parliamo spesso di decrescita. In che modo il tuo viaggiare ha a che fare con questo termine, e in che modo?

La decrescita è quel concetto che sembra stare a cuore, a volte anche inconsapevolmente, solo a quegli uomini che vivono lontano dai grossi concentramenti urbani. Sono le realtà rurali che si incontrano in giro per il mondo quelle in cui fai esperienza di come il progresso tecnologico ed economico non faccia altro che allontanarci da un vivere armonioso con la natura. Basta uscire dalle proprie case nella giungla urbana, fare a volte anche solo poche decine di chilometri per ritrovarsi all’interno di un mondo dove pienamente assaporare il gusto del saper vivere nel rispetto della natura.

In che modo sei un viaggiatore sostenibile se ti consideri tale? Quali sono le piccole e le grandi scelte che fai per rispettare l’ambiente?

Mi è abbastanza complicato pensare, oggi, all’esistenza di miei coetanei che facciano scelte di viaggio lontani dai pur minimi canoni di sostenibilità ambientale. Sarò forse fin troppo ottimista in questa visione, ma un viaggiatore invadente, irrispettoso dei luoghi e della natura, mi è difficile immaginarlo al di fuori di certi piccoli circuiti turistici abusati dai turisti mordi e fuggi, quelli poco propensi a cogliere la vera essenza di un posto, una lingua, una cultura, una tradizione.

L’entrare in empatia col mondo che andiamo a visitare, di per sé, ci porta a fare scelte ecologiche, dal banale non inquinare i luoghi che si visitano, alla scelta dei luoghi in cui soggiornare, a quella dei mezzi di trasporto: visitare a piedi o in bus non turistici certi luoghi ti fa conoscere più a fondo un popolo, in tutte le proprie sfumature.

Spesso è solo una banale questione di tempi a disposizione: chi ha la fortuna e la possibilità di vivere un luogo più a lungo, senza l’ansia di frenetici spostamenti da un posto turistico all’altro, più si rivelerà un viaggiatore ecosostenibile.

 Belgio - Bruges (62) - Copia

Trovi che Napoli sia una città che permette alle persone come te di reinventarsi, mollare il proprio lavoro, provare a vivere in modo “alternativo”?

Per quanto guardi Napoli con gli occhi di un innamorato e per quanto mi possa definire come un figliol prodigo, non posso certo andare contro l’oggettività che la città non offra le stesse opportunità di altre realtà, geograficamente più a nord. Nella vita, però, spesso si devono effettuare dei compromessi, magari rischiando moltissimo. Ognuno vorrebbe fare il lavoro che ama, vivere la vita che desidera, nel luogo a sé più congeniale. A volte però bisogna un po’ mollare sotto qualche aspetto, cercare un equilibrio tra i vari fattori, accontentarsi di più sotto certi aspetti, per viverne più a pieno altri. Ecco, da questo punto di vista, credo che, rinunciando a qualcosa, anche Napoli offra delle opportunità

Continuerai a viaggiare anche in futuro? che progetti hai nel breve medio periodo?

Viaggio da soli 8 anni, sono un neonato che ancora deve conoscere il mondo. Dire cosa visiterò nel mio prossimo viaggio è esercizio arduo, perché quando si hanno ancora tante esperienze da fare, tanti luoghi da vedere, le priorità spesso si ribaltano. Quando sono andato in Brasile, ero partito con l’idea dell’Islanda, poi il Messico, sono finito a Rio. Il cammino di Santiago è un’idea che nasce e si concretizza in 5 giorni, dal momento in cui per la prima volta nella mia vita l’ho pensato a quello in cui ho preso il volo Napoli-Lisbona. Da un anno pianifico un grande viaggio sudamericano e mi si perdonerà un po’ di scaramanzia nel non parlarne prima di averlo compiuto.