Ci siamo. È veramente l’ora di contrastare il cambiamento climatico. Ce lo stanno dicendo fiumi di ragazzi con i cartelli “There is no Planet B” che di venerdì invadono le piazze del mondo. Dobbiamo farlo tutti, grandi e piccoli, enti e aziende. Meglio se a partire dalle più grandi perché la loro inversione di tendenza, la loro attenzione ai temi della sostenibilità ha un peso specifico alto per i paesi interessati e le persone coinvolte.
Eni, una delle principali aziende italiane presente in 67 paesi nel mondo che in gergo viene definita uno “stakeholder”, perché può dare la sua impronta e il suo contributo, riconosce che la principale sfida del proprio settore – quello energetico – è l’accesso alle risorse in maniera efficiente e sostenibile per tutti.
La transizione energetica: verso il “carbon neutral”
Per adottare questo cambiamento di paradigma Eni ha adottato una strategia di decarbonizzazione che di svolge su un piano a breve termine e altri due a medio e lungo termine. Mentre il reparto di Ricerca e Sviluppo rimane focalizzato sulle fonti rinnovabili e sul business green e ad oggi ha un portafoglio di circa 7.300 brevetti e oltre 350 progetti.
Nell’immediato si lavora sull’efficienza, meno energia e ottimizzazione delle risorse con riduzione delle emissioni. L’orizzonte di medio periodo è il 2030 e la sfida è net zero carbon footprint. Al traguardo del lungo termine Eni si propone di arrivare “carbon neutral” attraverso un piano per la transizione energetica.
“Eni For” decarbonizzazione ed economia circolare
Da un lato quindi l’abbandono di fonti inquinanti per una delle maggiori aziende nel settore energetico, dall’altro lo sviluppo dell’economia circolare.
«La nostra strategia di decarbonizzazione farà poi leva su ulteriori strumenti: una crescita delle fonti low-carbon nel nostro portafoglio, in particolare della quota di gas e biofuel, dell’energia elettrica da solare, eolico e sistemi ibridi, l’implementazione di tecnologie per lo stoccaggio e cattura della CO2 e lo sviluppo di iniziative di economia circolare». (Claudio Descalzi, AD Eni)
Siamo arrivati ad un punto cruciale, un momento in cui il vecchio modello di produzione e consumo lineare che termina con scarti o rifiuti da conferire non può più funzionare. Le attività umane devono essere progettate per essere sostenibili già a monte, non bisogna arrivare al termine del processo per chiedersi: e adesso di questi scarti di lavorazione cosa ne faccio e dove li metto?
«Il sistema industriale degli ultimi decenni infatti ha funzionato in base a un modello lineare di produzione e consumo, in cui i beni vengono prodotti, venduti, utilizzati e scartati come rifiuto a fine vita. Un modello che presenta dei limiti nella capacità di gestione e stoccaggio dei rifiuti e di assorbimento delle emissioni di gas serra generate. È indispensabile che la nostra risposta sia orientata verso un nuovo paradigma di sviluppo che ci faccia passare da una crescita lineare ad una circolare, che possa ridurre gli sprechi, trasformare gli scarti e dare nuova vita utile a quanto già esiste.
Impegnandoci in questa direzione abbiamo già convertito, grazie alle nostre tecnologie proprietarie, le nostre raffinerie di Venezia e Gela in bioraffinerie, abbiamo valorizzato terreni bonificati, anche attraverso l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, abbiamo avviato il primo impianto pilota per la conversione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani in bio-olio, bio-metano e acqua, e sviluppato piattaforme di chimica da rinnovabili» [Fonte eni.it in “Messaggio agli stakeholder”].
Da quest’anno al 2022 Eni investirà tre miliardi di euro in progetti di decarbonizzazione, economia circolare e nello sviluppo delle rinnovabili. E nel prossimo quadriennio c’è in previsione di spendere novecento milioni di euro in R&S, la metà dei quali proprio su tecnologie per la decarbonizzazione e progetti per l’economia circolare.
In collaborazione con Eni
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