Software e auto ecologiche ispirate dalla natura

Articolo aggiornato il 6 Aprile 2025


Ecco come l’osservazione degli animali ha ispirato tecnologie innovative,
dalla robotica agli algoritmi per la gestione del traffico,
fino alla creazione di veicoli più che consumano meno carburante.

“Biomimesi” esplora come l’osservazione della natura
possa ispirare soluzioni innovative per sfide ambientali e tecnologiche.


La biomimesi si basa sull’osservazione e sull’imitazione dei processi naturali per sviluppare tecnologie innovative e sostenibili. Questa pratica non è nuova e trova le sue radici in antichi miti come quello di Dedalo e Icaro, ma anche in esempi concreti come l’architettura della città cinese di Hongcun, che riprende la struttura del sistema digestivo di un bue, o la famosa serra progettata da Joseph Paxton ispirata alla ninfea gigante.

Il volume “Biomimesi – quando la natura ispira la scienza” di Mat Fournier (Edizioni Lswr) ci presenta tantissimi esempi pratici di come il mondo animale e vegetale abbia ispirato tecnologie avanzate, dall’ingegneria dei pannelli solari, che riproducono la fotosintesi, alla creazione di edifici più sostenibili.

Vediamo quindi:
– come il lavoro di squadra degli animali ha ispirato lo sviluppo di software e robotica
– come le formiche abbiano contribuito a risolvere il problema del traffico con algoritmi che emulano l’intelligenza collettiva
– come un piccolo pesce tropicale, il pesce scatola, abbia influenzato la progettazione di automobili più efficienti dal punto di vista energetico.

Gli stormi di uccelli hanno ispirato i software dei videogiochi
Tra i vari argomenti trattati nel volume “Biomimesi”, l’autrice si sofferma su come il lavoro di squadra degli animali, in particolare degli uccelli e degli insetti sociali, abbia ispirato lo sviluppo di tecnologie nei computer.
Craig Reynolds, nel 1986, si è posto la domanda su come gli uccelli nello stormo mantengano la coesione e si evitino a vicenda. Ha quindi creato un software di vita artificiale che traduceva in linguaggio comprensibile per il computer le regole di comportamento degli uccelli.
Le tre regole fondamentali su cui si basa questo modello sono:
– separazione (mantenere una distanza dagli altri),
allineamento (muoversi nella stessa direzione)
coesione (mantenere la posizione nello stormo).
Questo software è stato utilizzato in film d’animazione e videogiochi, ma le sue applicazioni vanno oltre, trovando spazio anche nella robotica, dove queste regole coordinano l’azione di più dispositivi per mantenerli in formazione.

Le formiche ispirano i software per evitare intasamenti di veicoli
Poi c’è la “swarm intelligence”, l’intelligenza collettiva degli insetti sociali come le api, le formiche e le termiti.
Contrariamente a quanto si è creduto per molto tempo, il formicaio non rappresenta una società gerarchica: la regina non dirige le operaie e non dispone di maggiori informazioni rispetto a qualsiasi altra formica su ciò che accade all’interno del formicaio. Le formiche comunicano scambiandosi i feromoni che analizzano mediante le antenne, ma queste sostanze riportano ai membri della colonia solo le informazioni essenziali, come lo stato di salute e di nutrizione degli esemplari che incontrano.
Se le formiche sono in grado di risolvere dei problemi, per esempio trovare il percorso più breve verso una fonte di cibo, è grazie a ciò che viene definito intelligenza collettiva.
Quest’ultima si basa sul numero: poiché gli individui che hanno trovato il percorso più breve ritornano più velocemente al formicaio, la loro scia di feromoni, più fresca, attirerà un numero maggiore di consimili che, a loro volta, lasceranno una scia più consistente, e così via.

Negli anni Novanta, questo sistema è stato tradotto in un linguaggio matematico: si tratta degli “algoritmi delle colonie di formiche”. Tali formule servono per risolvere il famoso “problema del commesso viaggiatore”, cioè, trovare il percorso più breve per raggiungere tutte le città che il commesso deve visitare passandoci una sola volta.
Gli algoritmi delle colonie di formiche rispondono a questa domanda e sono utilizzati per evitare gli intasamenti nella circolazione dei veicoli. Molti progetti sono ancora in fase di sperimentazione per mettere a punto, sul modello fornito dalle formiche, un software che sia in grado di evitare gli imbottigliamenti nel traffico.

La formica del deserto ci aiuta a non perderci

La maggior parte delle formiche ritrova la strada per tornare alla colonia grazie ai feromoni che deposita durante il tragitto di andata. Questa, però, è una strategia poco efficace per la formica del deserto del Sahara (Cataglyphis bicolor), che vive in un ambiente eccessivamente esposto al calore e al vento. Tuttavia, essa è perfettamente in grado di ritrovare la strada… stabilendo la propria posizione in rapporto al sole!
Si tratta di un’operazione meno complessa di quanto sembri, effettuata grazie a cellule dell’organo visivo che sono in grado di determinare la direzione da cui proviene

la luce. Alcuni studiosi di robotica dell’Università di Zurigo sono riusciti a creare un piccolo robot,  chiamato Sahabot, dotato di un dispositivo visivo identico a quello della formica del deserto e in  grado di orientarsi allo stesso modo. Il Sahabot e il suo modello animale potrebbero consentire la realizzazione di un nuovo sistema GPS.

Dal pesce scatola le auto che fanno risparmiare carburante
Il pesce scatola è stato scelto dagli ingegneri automobilistici di Mercedes-Benz incaricati di progettare un nuovo prototipo di automobile che fosse maneggevole, veloce ed economica.
Cercando in natura un modello che permettesse loro di rinnovare quelli più tradizionali, hanno constatato con stupore che la forma cubica del pesce scatola offriva lezioni di idrodinamica.

Per quanto possa sembrare strano, gli esperti si sono accorti che sulla barriera corallina il pesce scatola deve affrontare le stesse sfide di un’auto moderna:
– il risparmio (la sua modalità di spostamento richiede poca energia),
– la solidità (per resistere agli urti il pesce scatola possiede un’ossatura rigida, sotto forma di scaglie che ricoprono il suo corpo),
– la maneggevolezza, poiché solitamente si muove in spazi molto stretti.
Stabilizzato dalle escrescenze ossee anteriori e posteriori, è dotato di una precisione che la sua forma goffa non lascerebbe immaginare.

Infine, la forma rettangolare del pesce scatola rappresenta un buon compromesso con le necessità dell’industria automobilistica: per quanto possa essere slanciata, un’auto deve prevedere abbastanza spazio da contenere i propri passeggeri… La Bionic Car, progettata sul modello del pesce scatola, adotta le caratteristiche di questo piccolo pesce tropicale: sia il carapace, che riesce a conciliare leggerezza e rigidità, grazie alla disposizione delle scaglie, sia le proporzioni, con un “muso” appiattito e una forma cubica che offrono un migliore coefficiente di penetrazione dell’aria.

E il progetto ha funzionato: oltre a consumare solo 4,3 litri di carburante per 100 km, la Bionic Car offre un risparmio del 20% rispetto ai veicoli equivalenti, pur essendo anche spaziosa e sicura.

L’autore
Mathilde Fournier. Dopo la laurea in Lettere, diventa giornalista freelance e pubblica regolarmente articoli che si occupano di natura e che descrivono le regioni francesi, su riviste come Wapiti e National Geographic, scrivendo anche per l’editoria per ragazzi.